Corso di Legislazione Cinofila
vv. Maria Grazia Poli
1. L’ALLEVAMENTO DEI CANI DI RAZZA PURA
Per allevamento di cani si intende l’attività di far crescere, migliorare, riprodurre, selezionare ed incrementare
una determinata razza canina; tale attività è svolta da un determinato soggetto denominato allevatore.
A) Inquadramento giuridico nel sistema normativo dell’allevamento cinofilo
L’inquadramento giuridico nel sistema normativo dell’allevamento cinofilo è un problema di notevole
rilevanza, che si pone, non solo perché è un aspetto della realtà economica, ma soprattutto perché
l’incertezza nella quale l’allevamento dei cani si trova, non soddisfa gli allevatori che reclamano chiarezza
in tale settore per poter operare in maniera coordinata ed unificata.
Sulla base del Protocollo n. 25251 del 15/12/1978 del Ministero dell’Agricoltura e Foreste e sul presupposto
che l’attività cinofila è un’attività zootecnica diretta ad incrementare il patrimonio canino esistente,
l’allevamento cinofilo sembrava rientrare nel settore dell’agricoltura.
Successivamente, con il Protocollo n. ST/1272 del 25/01/1980 in risposta alla richiesta dell’ENCI di
applicare all’allevamento cinofilo il Decreto del Presidente della Repubblica (DPR) del 05/04/1978, n. 132,
il suddetto Ministero sembrava non riconoscerlo più come rientrante nel settore agricolo. Infatti, secondo
quanto sostenuto dal Ministero, rientrava nel campo di applicazione del DPR n. 132/78 l’allevamento di
animali condotto su terreno idoneo a produrre un quarto del mangime utilizzabile per l’allevamento degli
animali stessi. Per quanto riguarda l’applicabilità di tale normativa all’allevamento di animali oltre il limite
indicato, cioè come richiesto dall’ENCI in caso di allevatori con terra insufficiente, il Ministero affermava
che era necessario che:
1) l’impresa di allevamento fosse gestita da titolare di reddito agrario per terreni “posseduti a titolo di
proprietà,
usufrutto o altro diritto reale o condotti in affitto”;
2) le attività attratte dal reddito agrario in connessione con l’impresa di allevamento, rientrassero
nell’esercizio normale dell’agricoltura secondo la tecnica che la governa avendo per oggetto prodotti
ottenibili dal terreno per l’alimentazione degli animali allevati.
Il Ministero concludeva confermando la pronuncia del 15/12/1978 e la validità sotto altri profili di
qualificazione di “attività agricola” dell’allevamento cinofilo, ma affermava di non poter accogliere la richiesta
dell’ENCI di applicazione del DPR n. 132/78, in quanto l’ambito oggettivo del provvedimento
comprendeva specifiche attività di allevamento e non ogni singola attività astrattamente definibile agricola.
Pertanto, dalla risposta data dal Ministero con il detto il Protocollo n. ST/1272 del 25/01/1980 per
l’applicazione del DPR n. 132/78 era necessario che l’allevatore avesse “terra sufficiente” e ricorressero le
due condizioni previste dal protocollo ministeriale.
Solamente con la Legge (L.) del 23/08/1993 n. 349 (GURI n. 213, 10/09/1993)1 veniva definita
all’art. 1 l’attività cinotecnica come quell’attività volta all’allevamento, alla selezione e all’addestramento
1 Testo della Legge n. 349/93: Norme in materia di attività cinotecnica.
Art. 1. Attività cinotecnica.
1. Ai fini della presente legge, per attività cinotecnica si intende l'attività volta all'allevamento, alla selezione e
all'addestramento delle razze canine.
Art. 2. Definizioni.
1. L'attività cinotecnica è considerata a tutti gli effetti attività imprenditoriale agricola quando i redditi che ne
derivano sono prevalenti
rispetto a quelli di altre attività economiche non agricole svolte dallo stesso soggetto.
2. I soggetti, persone fisiche o giuridiche, singoli o associati, che esercitano l'attività cinotecnica di cui al
comma 1 sono imprenditori
agricoli, ai sensi dell'articolo 2135 del codice civile.
Non sono comunque imprenditori agricoli gli allevatori che producono nell'arco di un anno un numero di cani
inferiore a quello
determinato, per tipi o per razze, con decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste da emanare entro
trenta giorni dalla data di
delle razze canine. Vengono poi definiti all’art. 2 comma 2 “imprenditori agricoli” i soggetti, persone fisiche
o giuridiche, singoli o associati che esercitano l’attività cinotecnica, ai sensi dell’art. 2135 Codice Civile
(CC)2.
Tuttavia, ai sensi dell’art. 2 comma 1 e 3 perché l’attività cinotecnica possa essere considerata agricola
devono ricorrere i seguenti due requisiti:
a) che sia attività prevalente;
b) che vengano prodotti nell’arco di un anno il numero di cani, per tipi o per razza, stabilito dal decreto del
Ministero dell’Agricoltura e foreste da adottarsi nel termine di 30 giorni dall’entrata in vigore della stessa
legge.
Per quanto riguarda il primo requisito, l’art. 2 comma 1 della L. stabilisce che l’attività cinotecnica è
considerata a tutti gli effetti attività imprenditoriale agricola quando i redditi che ne derivano sono prevalenti
rispetto alle altre attività economiche non agricole svolte dallo stesso soggetto.
Per quanto riguarda il secondo requisito, il Decreto Ministeriale (DM) del 28/01/1994 n. 20504 del
Ministero delle Risorse Agricole Alimentari e Forestali (GURI n. 40, 18/02/1994) ha stabilito che “non sono
imprenditori agricoli gli allevatori che tengono in allevamento un numero inferiore a cinque fattrici ed
annualmente producono un numero di cuccioli inferiore a trenta unità”.
È di tutta evidenza che per essere imprenditore, l’allevatore cinofilo deve possedere i due sopramenzionati
requisiti.
Per quanto riguarda la normativa regionale, è bene ricordare che la L.R. Toscana n. 6 del 1994 ha
istituito presso ogni provincia un albo suddiviso in due sezioni. Gli imprenditori agricoli professionali
potevano
esser iscritti in una delle due diverse sezioni. Nella prima venivano iscritti soggetti che impiegavano
2/3 del tempo-lavoro nell’attività agricola e con reddito derivante per i 2/3 dalla stessa attività agricola.
Nella seconda sezione venivano iscritti i soggetti che impiegavano il 50% del tempo-lavoro ed il 50% del
reddito derivava dall’attività agricola.
Il Decreto Legislativo (D. L.gs) n. 99/2004 che ha abrogato la L. 153/75, per l’iscrizione agli albi
provinciali, prevede tre requisiti:
1) che il soggetto impieghi nell’attività il 50% del tempo di lavoro;
2) che il 50% del reddito pervenga da lavoro (sono esclusi, quindi, il reddito da capitale o ad es. il reddito
del socio accomandante di una SAS; sono inclusi, invece, a titolo esemplificativo, i compensi degli
amministratori di una società di capitali).
3) che la capacità professionale sia accertata tramite un’apposita commissione con colloquio-esame.
Chi non possiede tali requisiti, ma è in possesso dei requisiti richiesti dalla L. n. 349/93 può sempre
rientrare nell’ambito dell’agricoltura e, conseguentemente, chiedere l’iscrizione alla camera di commercio
quale imprenditore agricolo.
Per essere poi iscritti nelle liste dei coltivatori diretti l’attività deve essere prevalente e deve essere
dedicato del tempo all’attività che viene quantificato, generalmente, in un numero di giornate lavorative.
I soggetti che non possiedono i requisiti richiesti dalla citata Legge saranno imprenditori commerciali
e potranno chiedere l’iscrizione alla Camera di Commercio come imprenditori.
entrata in vigore della presente legge (Il D.M. 28 gennaio 1994 (GURI 18/02/94, n. 40) ha così disposto: Non
sono imprenditori
agricoli gli allevatori che tengono in allevamento un numero inferiore a cinque fattrici e che annualmente
producono un numero di
cuccioli inferiore alle trenta unità).
Art. 3. Disciplina dell'attività cinotecnica.
1. Coloro che esercitano, a qualsiasi titolo, attività volte all'allevamento e all'addestramento delle razze
canine sono tenuti a rispettare
le disposizioni emanate dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, nonché, per le attività
che attengono
alla selezione delle razze canine, le disposizioni adottate dall'Ente nazionale della cinofilia italiana (ENCI).
Art. 4. Programmi di sviluppo dell'attività cinotecnica.
1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adottano, in conformità ai propri ordinamenti,
programmi di sviluppo dell'attività cinotecnica.
Art. 5. Entrata in vigore.
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella GURI.
2 Art. 2135 Imprenditore agricolo: E imprenditore agricolo chi esercita un'attività diretta alla coltivazione del
fondo, alla silvicoltura,
all'allevamento del bestiame e attività connesse. Per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per
allevamento di animali si intendono
le attività dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di
carattere vegetale
o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine. Si
intendono comunque
connesse le attività esercitate dal medesimo imprenditore agricolo dirette alla manipolazione, conservazione,
trasformazione,
commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla
coltivazione del fondo o del
bosco o dall’allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante
l’utilizzazione prevalente di
attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata, ivi comprese le
attività di valorizzazione
del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge.
Riportiamo in nota l’art 1 (Capo I - SOGGETTI E ATTIVITÀ) del Decreto Legislativo 29 marzo
2004, n. 99: "Disposizioni in materia di soggetti e attività, integrità aziendale e semplificazione amministrativa
in agricoltura, a norma dell'articolo 1, comma 2, lettere d), f), g), l), e), della legge 7 marzo 2003, n.
38" (GURI n. 94, 22/04/2004)3 che dà la definizione di Imprenditore Agricolo Professionale.
B) L’allevamento e l’Ente Nazionale della Cinofilia Italiana
L’ENCI è un’associazione nata nel 1882 come “Kennel Club d’Italia” e trasformatasi in Ente Nazionale
della Cinofilia Italiana nel 1930.