DIRETTIVE IN MATERIA DI

LOTTA AL RANDAGISMO E PROTEZIONE DEGLI ANIMALI D’AFFEZIONE

L.R. n. 21 del 18.5.1994 e s.m.i.

APRILE 2010

1. INTRODUZIONE: FINALITA’ ED IMPIANTO LOGICO DELLA NORMATIVA IN VIGORE

2. FONTI NORMATIVE

3. RUOLO DELLE ASL E DEI COMUNI

4. ANAGRAFE CANINA

5. CANILI

6. CATTURE

7. STERILIZZAZIONI

8. ADOZIONI

9. REINTRODUZIONE IN AMBIENTE

10. EUTANASIA

11. TUTELA DEI GATTI

12. FORMAZIONE E INFORMAZIONE

13. VOLONTARIATO

14. FINANZIAMENTI E RENDICONTAZIONE

15. CUSTODIA E PROTEZIONE DEGLI ANIMALI

16. VIGILANZA

17. COMMISSIONE TECNICA E GRUPPO DI ESPERTI

18. ALLEGATI

 


1. INTRODUZIONE: FINALITA’ ED IMPIANTO LOGICO DELLA NORMATIVA IN VIGORE

La legge 281/91 e la legge regionale 21/94 che la recepisce derivano da una nuova visione della gestione

del randagismo e più in generale del rapporto uomo-animale. L’aumentata sensibilità della cittadinanza nei

confronti del benessere animale e più in generale dei diritti degli animali quali esseri senzienti sta

cambiando sempre di più l’approccio nella gestione del problema randagismo.

Il fulcro del nuovo approccio è costituito dalla responsabilizzazione dei cittadini: la legge prevede quindi

come primo passo la realizzazione dell’anagrafe canina e della vigilanza sul rispetto della stessa, per

scoraggiare gli abbandoni e incentivare il possesso responsabile degli animali. Altro punto di forza della

legge è l’incentivazione delle sterilizzazioni, superando falsi pregiudizi e resistenze psicologiche derivanti

dall’antropomorfizzazione dell’immagine degli animali da compagnia.

A distanza di molti anni dalla loro emanazione, una revisione critica della lotta al randagismo deve

prendere in considerazione i punti deboli e le criticità che hanno limitato l’applicazione di queste norme.

1. Compiti e Risorse: l’esiguità delle risorse disponibili per la lotta al randagismo durante i primi anni di

applicazione ha comportato in un primo momento una sottovalutazione del problema da parte delle

autorità locali. Una certa ambiguità nell’attribuzione di compiti e funzioni, che ha consentito in alcuni

casi interpretazioni deresponsabilizzanti, ha contribuito negativamente in tal senso.

2. Vigilanza: l’applicazione non sempre attenta della vigilanza sull’anagrafe ha comportato notevoli ritardi

nel completamento della registrazione dei cani di proprietà; la mancanza in passato di una banca dati

regionale ha reso difficoltoso l’utilizzo dell’anagrafe a fini di programmazione.

3. Tempistica: la cattura e il conseguente ricovero di numerosi cani vaganti, senza che fosse stata

precedentemente avviata l’attività di anagrafe e adozioni, in molti casi ha intasato i canili paralizzando

il prosieguo dell’opera di cattura e sterilizzazione.

4. Meccanismi incentivanti: i meccanismi di attribuzione dei fondi non hanno sempre incentivato la

gestione virtuosa nel raggiungere gli obiettivi (catture, adozioni, sterilizzazioni, campagne di

sensibilizzazione); la conseguente adozione di gestioni esternalizzate dei servizi, in assenza opportuni

correttivi (obiettivi, indicatori, monitoraggio) ha comportato spesso un utilizzo non appropriato delle

risorse.

La realizzazione della Banca Dati Regionale dell’anagrafe canina (BDR) e l’analisi delle criticità ancora

esistenti hanno reso opportuno realizzare, anche dietro mandato della Delibera della Giunta Regionale n.

48/15 del 29.11.2007, un documento di programmazione finalizzato a facilitare gli Enti competenti e i privati

cittadini nell’applicazione uniforme della normativa esistente.

1.1. Finalità

Le presenti direttive hanno lo scopo di fornire una guida attendibile nell’interpretazione di passaggi

normativi poco chiari o non sufficientemente dettagliati del vigente ordinamento.

Le soluzioni operative indicate sono caratterizzate dal tentativo di sfruttare al massimo le risorse pubbliche

esistenti, ricorrendo al privato solo quando tale ricorso è caratterizzato da un obiettivo vantaggio per la

pubblica amministrazione in termini di economicità e di qualità dell’intervento garantito.

Per facilitare la consultazione delle presenti direttive, nel testo saranno citati alcuni riferimenti normativi;

laddove il riferimento non è citato per esteso, gli articoli citati vanno riferiti alla L.R. 21/94, così come

modificata e integrata dalla L.R. 35/96 e dalle successive modifiche e integrazioni.

 


2. FONTI NORMATIVE

Comunitarie

o Regolamento 2003/998/CE

Nazionali

o DPR 320/1954 (Reg. Polizia Veterinaria)

o DPR 31.03.1979

o L. 281/1991

o L. 266/91 (legge quadro sul volontariato)

o D.L.vo 267/2000 (T.U. Enti Locali)

o Circolare 14.05.2001 n. 5 del Ministero della Sanità (Attuazione della L. 281)

o D.P.C.M. 28/02/2003

o L. 189/2004

o Circolare 2725/P I.8.d/318 del 27.07.2006 del Ministero della Salute (revoca dell’obbligo di

vaccinazione antirabbica per i cani in ingresso in Sardegna)

o D.M. 23.03.2007

o Ordinanza del Ministro del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali 06.08.2008 (identificazione

e registrazione della popolazione canina)

o Ordinanza del Ministro del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali 18.12.2008, modificata

dall’O.M. 19.03.2009 (norme sul divieto di utilizzo di detenzione di esche o di bocconi avvelenati).

o Ordinanza del Ministro del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali 03.03.2009, concernente la

tutela dell'incolumità' pubblica dall'aggressione dei cani.

Regionali

o L.R. n. 39 del 13.9.1993

o L.R. n. 21 del 18.05.1994

o L.R. n. 35 del 01.08.1996

o Circolare n. 19712/IV del 26.06.1997 dell’Assessore Regionale all’Igiene e Sanità (disciplina delle

attività veterinarie afferenti all’area dell’igiene degli allevamenti e delle produzioni zootecniche).

o DPGR 04.03.1999, n. 1 (Regolamento di attuazione delle Leggi 281, 21 e 35).

 


3. RUOLO DEGLI ENTI ISTITUZIONALI: REGIONE, ASL E COMUNI (artt. 2 e 3)

La descrizione del ruolo specifico sarà dettagliata nell’ambito della descrizione delle singole attività; in

questo capitolo si fornisce una descrizione generale dei compiti e dei rapporti di collaborazione.

La Regione ha un ruolo di programmazione, coordinamento e controllo delle ASL e degli Enti Locali

impegnati nelle attività di lotta al randagismo (D.L.vo 502/92; L.R. 15/85; L.R. 10/2006 ecc.); essa esercita

tale ruolo per il tramite del Servizio Prevenzione dell’Assessorato Regionale all’Igiene e Sanità (settore

Igiene degli Allevamenti e delle produzioni zootecniche).

Comune: il Sindaco è l’Autorità Sanitaria Locale (Art. 13. L. 833/1978) e il rappresentante della comunità

locale (D.L.vo 267/2000 – Testo Unico degli Enti locali); ha pertanto un ruolo centrale nella gestione del

randagismo.

Tramite la Polizia Municipale, il Comune esercita il controllo del territorio, rileva la presenza di cani vaganti

e ne richiede la cattura ed il ricovero presso il canile. Il Comune è responsabile della gestione (anche

amministrativa) del ricovero dei cani nei canili e deve vigilare continuamente sulla stessa.

E’ responsabile inoltre dell’organizzazione, diretta o delegata, delle adozioni e di tutti i processi decisionali

che riguardano un animale non di proprietà ricadente nei confini del territorio comunale.

Il Comune, anche in quanto responsabile giuridico della protezione degli animali (DPR 31.03.1979),

dispone l’adozione delle cure non coperte dal servizio della ASL e l’adozione di eventuali ordinanze di

sequestro di cani privati per motivi sanitari, di benessere animale o di ordine pubblico. Dispone inoltre dei

fondi assegnati da Ministero e Regione, stanzia gli ulteriori fondi necessari, collabora con la ASL per

l’esecuzione delle attività inerenti all’iscrizione all’anagrafe dei cani e delle campagne di sterilizzazione.

Per far fronte a tutte le incombenze dei Comuni, é necessario che in ogni Comune sia nominalmente

individuato il Responsabile di procedimento per la lotta al randagismo e la protezione degli animali (All. 12),

il quale, in collegamento con la ASL competente, coordina le azioni di pertinenza del Comune.

La ASL è l’organo tecnico che supporta il Comune nell’esecuzione delle attività medico-veterinarie e

anagrafiche; realizza e aggiorna la banca dati dell’anagrafe canina, provvede alla cattura dei cani vaganti

su richiesta del Comune o di altra autorità competente (v. cap. 6), fornisce il servizio di sterilizzazione dei

cani e dei gatti delle colonie feline, vigila sul rispetto delle normative sanitarie, applica nei canili i piani

regionali di lotta alle malattie infettive e parassitarie, vigila sul rispetto della normativa inerente il rispetto del

benessere animale.

La ASL è inoltre incaricata di fornire le cure sanitarie ai cani randagi ricoverati nei canili sanitari (Art. 2 della

L. 21/94); il livello di dettaglio delle prestazioni fornite, nel rispetto dei compiti istituzionali della sanità

pubblica veterinaria, é definito dagli atti di programmazione regionali, anche sulla base dell’entità delle

risorse economiche assegnate alle ASL.

Un Dirigente del Servizio veterinario dell’Igiene degli allevamenti e delle produzioni zootecniche è

incaricato in ogni ASL come responsabile di procedimento per la lotta al randagismo. Il Comune e la ASL

collaborano nella realizzazione di interventi di educazione e sensibilizzazione, formazione e informazione.

N.B.: nel rispetto del D.L.vo 82/2005 (codice dell'amministrazione digitale), tutte le amministrazioni pubbliche

dovrebbero rendere chiaramente indicati nel proprio sito internet i riferimenti del responsabile di

procedimento per la lotta al randagismo.


4. ANAGRAFE CANINA (Art. 4)

L’anagrafe canina si compone dei seguenti elementi:

1. identificazione individuale dei cani mediante l’inoculazione sottocutanea di un microchip elettronico;

2. documenti individuali d’identificazione;

3. registri dei canili;

4. banca dati informatizzata nazionale, regionale e locale.

L’alimentazione e l’aggiornamento dell’anagrafe canina sono garantite dai servizi veterinari delle ASL.

Le operazioni d’identificazione e iscrizione nell’anagrafe possono essere svolte gratuitamente dal Servizio

Veterinario della ASL competente, oppure a pagamento presso i veterinari privati, preventivamente

autorizzati allo scopo dalla ASL.

I veterinari autorizzati possono acquistare autonomamente i microprocessori necessari allo svolgimento

della attività, purché conformi all’Art. 5 dell’O.M. 06/08/2008 (norme ISO 11784 e 11785).

Al fine di garantire efficacemente l’accessibilità al servizio gratuito entro i termini di legge, ciascun Comune

deve collaborare con la ASL competente ad individuare idonei locali per l’identificazione dei cani.

4.1. Obblighi dei proprietari e detentori

I proprietari e i detentori dei cani sono obbligati a chiedere l’iscrizione del loro cane nell’anagrafe canina

entro dieci giorni dalla nascita o dall’acquisizione del possesso dell’animale (Art. 4, comma 2).

Tuttavia, per motivi tecnici connessi anche alla creazione della Banca Dati Regionale dell’anagrafe canina

(BDR), è impossibile iscrivere un cane in anagrafe prima dell’identificazione mediante inoculazione del

microchip (la registrazione in BDR deve essere contestuale o successiva, entro 72 ore dall’identificazione);

inoltre, per motivi sanitari, in molti casi può essere necessario ritardare l’identificazione del cucciolo fino al

completamento dei piani vaccinali.

I commercianti e gli allevatori devono in ogni caso identificare e registrare i cuccioli prima della loro

vendita o cessione a terzi. Al proprietario deve essere rilasciato il documento di identificazione del cane,

che deve essere esibito su richiesta delle autorità competenti. Sulla base delle considerazioni sopra

esposte, é ragionevole che in fase di vigilanza attiva gli operatori verifichino l’identificazione e registrazione

in anagrafe di tutti i cuccioli di oltre tre mesi di vita e comunque di tutti quelli sottoposti a

trasferimento di residenza o a passaggio di proprietà.

Il proprietario o detentore di un cane è tenuto a comunicare alla ASL competente, oltre alla nascita o

all’acquisizione della proprietà (Artt. 4 e 11), i seguenti eventi:

o furto o smarrimento: tempestivamente per telefono (entro 48 ore al numero dedicato per le

emergenze), con conferma scritta entro quindici giorni dall’evento (All. 10); la mancata

comunicazione può configurare a seconda dei casi diverse violazioni (abbandono di animale, omessa

custodia ecc.).

o morte: notifica scritta (All. 11) entro quindici giorni;

o cambio di residenza: entro trenta giorni. La comunicazione deve essere fatta alla ASL di

provenienza che, se diversa da quella di destinazione, trasmette la variazione a quest’ultima per via

informatica.

o cessione di proprietà (All. 9): entro quindici giorni. La comunicazione per l’aggiornamento della

BDR è effettuata a cura del proprietario cedente, che notifica l’evento alla ASL. Anche in questo caso

la variazione in BDR sarà univoca, mediante notifica per via informatizzata alla ASL di destinazione.

I responsabili dei canili pubblici o privati nei quali siano ricoverati cani randagi sono tenuti a compilare ed

aggiornare il registro delle presenze in canile (All. 4).

4.2. Identificazione dei cani vaganti

L’identificazione dei cani vaganti non identificati deve avvenire contestualmente alla cattura o non appena

possibile nel canile sanitario di primo ricovero, il quale deve essere localizzato nell’ambito della ASL di

appartenenza. La conseguente iscrizione in anagrafe deve avvenire a nome del Comune nel quale è

avvenuta la cattura o il prelievo dal territorio.

E’ sempre la ASL territorialmente competente sul Comune di cattura ad effettuare la prima iscrizione in

anagrafe del cane catturato.

N.B.: l’intestazione al Comune deve essere effettuata anche per cani vaganti catturati, che risultino identificati

con microchip non presente nelle Banche dati nazionali; nel caso in cui successivamente ne sia reclamata la

proprietà, è possibile effettuare la variazione anagrafica come un semplice cambio di proprietà.


4.3. Iscrizione in BDR di cani di provenienza extraregionale

Sono possibili le seguenti modalità di registrazione:

1. cani già iscritti nell’anagrafe di altre Regioni: acquisizione della variazione anagrafica dalla ASL di

provenienza e dei documenti identificativi del cane, e conseguente iscrizione nella BDR a cura della

ASL di destinazione;

2. cani di provenienza estera: lettura del microprocessore eventualmente presente, verifica della

documentazione di trasporto ai sensi del Reg. 998/2003/CE e iscrizione nell’anagrafe regionale a cura

della ASL di destinazione;

3. cani di provenienza extraregionale o estera, introdotti nel territorio regionale in violazione delle norme

vigenti: erogazione delle sanzioni previste e successiva regolarizzazione anagrafica a cura della ASL

di destinazione.

L’intestazione della proprietà di un cane può esser fatta solo a carico di persone fisiche in possesso della

capacità di agire (maggiorenni) o del Comune.

La mancata notifica di variazioni anagrafiche comporta l’applicazione della sanzione amministrativa

prevista all’Art. 4 comma 8.

N.B.: l’iscrizione in anagrafe può avvenire solo ad opera del servizio veterinario della ASL o dei veterinari liberi

professionisti (L.P.) autorizzati; le operazioni in BDR devono pertanto essere sempre tracciabili nominalmente.

L’inoculazione del microchip da parte di personale non autorizzato è sanzionata ai sensi dell’Art. 4, comma 8

della L.R. 21/94, fatta salva la contestazione di altre violazioni ove ricorrenti (esercizio abusivo della

professione medico veterinaria). A seguito dell’emissione della sanzione, la registrazione anagrafica può

essere risanata, se il microchip è conforme, procedendo all’iscrizione in BDR.

5. CANILI (Art. 3 e 4 del DPGR 1/99)

La legge prevede che i cani vaganti privi di proprietario siano ricoverati a cura del Comune in un canile

(Art. 4, L. 281/91; Art. 3, L.R. 21/94).

Ogni canile è soggetto all’autorizzazione sanitaria del Sindaco, che deve essere acquisita previo nullaosta

sanitario congiunto del Servizio di Igiene pubblica e del Servizio di Igiene degli Allevamenti della ASL

competente (Art. 8 L.R. 21/94 - Art. 3, comma 12., lettera c) del DPGR 1/99).

Lo scopo istituzionale del canile pubblico non è quello di realizzare un mero punto di accumulo dei cani

catturati, ma di realizzare un vero e proprio servizio al cittadino e favorire la realizzazione del rapporto

uomo-animale in condizioni serene e, indirettamente, anche momenti di aggregazione sociale.

Deve essere pertanto caratterizzato dalla massima accessibilità e gradevolezza per i cittadini, da orari di

apertura estesi al fine settimana, mezzi pubblici che garantiscano il collegamento con il centro abitato,

assistenza alle adozioni e alle visite, possibilità di attività ricreative per i cani ricoverati; il tutto in un

ambiente confortevole (spazi verdi, alberi) e dell’arredo urbano, atto ad incentivare la frequentazione del

canile da parte dei cittadini.

I Comuni possono far fronte a questo adempimento mediante strutture proprie e personale interno, oppure

esternalizzando il servizio; le convenzioni per la gestione dei canili devono essere concesse

prioritariamente alle associazioni aventi come finalità la protezione degli animali (circolare 14.05.2001 n. 5

del Ministero della Salute), iscritte al Registro Generale del Volontariato (L.R. n. 39 del 13.9.1993), che

forniscano adeguate garanzie di affidabilità anche in termini di potenziali adozioni garantite (DPGR n. 1/99,

All. A).

Nel caso in cui l’affidamento alle associazioni di volontariato non sia possibile ed il Comune decida di

affidare il servizio a privati, deve comunque essere accertato il rispetto dei principi e dei requisiti sopra

esposti; in ogni caso, nella definizione dei bandi e nella valutazione delle offerte deve essere sempre

valutato l’insieme dei servizi di gestione del rapporto con i cittadini e l’attività di adozione dei cani ricoverati

(v. anche allegato n. 1).

 


 

 

5.1. Tipologie di canile: differenziazione funzionale e requisiti minimi

Sono previsti due tipi di canile: il canile sanitario e il canile rifugio.

Il canile sanitario è il luogo nel quale devono essere condotti tutti i cani randagi in seguito al loro prelievo

dall’ambiente; il ricovero nel canile sanitario è finalizzato all’esecuzione degli accertamenti anagrafici e dei

trattamenti medici e chirurgici (identificazione, sterilizzazione, pronto soccorso, trattamenti immunizzanti e

antiparassitari) propedeutici all’adozione o, in attesa della stessa, al ricovero nei canili rifugi.

E’ quindi un luogo dove avviene un continuo avvicendamento dei cani catturati, che, al termine delle

operazioni sanitarie, vengono adottati o trasferiti al canile rifugio.

Il canile rifugio è invece finalizzato al pensionamento del cane, proveniente dal canile sanitario, in attesa

dell’adozione; in assenza di quest’ultima il cane potrebbe restare ricoverato anche per tutta la vita, per cui

il canile rifugio deve garantire un ricovero confortevole di lunga durata.

I requisiti tecnici dei due tipi di canile sono contenuti nel DPGR 1/99, di seguito se ne riportano quelli più

caratterizzanti:

Canile sanitario:

o Custodia temporanea per un massimo di sessanta giorni.

o Ambulatorio con attrezzature e materiali occorrenti per operazioni anagrafiche, prelievi, accertamenti,

terapie.

o Sala operatoria separata (All. 13).

o Ricoveri chiusi con possibilità di riscaldamento per la convalescenza postoperatoria o per malattia.

o Pronto soccorso e prime cure degli animali feriti.

o Reparto di isolamento per gli infettivi, fisicamente separato e distanziato dai box di ricovero ordinario, e

utilizzato esclusivamente a tale scopo.

o Reparto per trattamento contro echinococcosi.

o Gattile.

Canile rifugio:

o Ricovero permanente dei cani provenienti dal canile sanitario fino alla loro adozione.

o Ambulatorio veterinario per visite e piccoli interventi medici o chirurgici di routine (All. 13).

o Spazi aperti verdi, dotati di adeguato arredo arboreo, finalizzati alla movimentazione ricreativa dei cani

ricoverati ed adeguati per superfici e disposizione a consentire il regolare moto di tutti i cani ricoverati.

Requisiti minimi comuni ai due tipi di canile:

o Localizzazione fuori dal centro abitato (i canili sono parificati a industrie insalubri di primo tipo),

isolamento acustico che tuteli le abitazioni.

o Locali di attesa per i cittadini, dotati di armadietti e scaffali a disposizione dei visitatori, e di pianta del

canile.

o Ufficio per la gestione delle pratiche amministrative, dotato di computer, internet,

stampante/copiatrice/fax.

o Servizi igienici per i cittadini separati da quelli per il personale.

o Reparto di isolamento con box per gli animali morsicatori sottoposti a sequestro o per animali con

sospetto di malattia infettiva.

o Presenza di personale qualificato, capace di supportare il medico veterinario nell’assistenza sanitaria

dei cani ricoverati.

o Registrazione e tracciabilità:

1. registro delle presenze in formato elettronico, con stampa su carta a frequenza almeno trimestrale,

conforme all’Allegato n. 4;

2. numerazione dei box di ricovero, riportata sulla pianta del canile e sui singoli box;

3. cartelle all’ingresso dei box riportanti i nomi dei cani ricoverati.

o Orario di apertura giornaliero, con presenza di personale del canile, di almeno due ore al giorno nei

mesi autunno-invernali e di tre ore nei mesi primaverili-estivi, fatto salvo un giorno di riposo

settimanale.

La necessità di un impianto di incenerimento può essere ovviata mediante apposite convenzioni con ditte

private che operano ritiro e smaltimento dei cani morti nel rispetto del Regolamento 1774/02; in tal caso è

necessario disporre di cella frigo di dimensioni adeguate (pozzetto).

N.B.: i requisiti minimi dei canili rifugio sono richiesti anche a tutte le strutture private nelle quali siano

ricoverati cani randagi in convenzione con i Comuni.


5.2. Dimensioni e numero dei canili; distribuzione sul territorio e bacino d’utenza

Sia il servizio di canile sanitario che quello di canile rifugio dovrebbero essere ben distribuiti sul territorio,

per garantire un’adeguata vicinanza del servizio al cittadino. In ogni Provincia devono pertanto esistere

entrambi i servizi, fatte salve le seguenti peculiarità.

Canile sanitario

Il canile sanitario di riferimento per ogni Comune deve sempre essere all’interno della Provincia

d’appartenenza, sia per esigenze di iscrizione anagrafica dei cani catturati (che deve essere eseguita dalla

ASL territorialmente competente) che per consentire tempi accettabili di intervento nel servizio di pronto

soccorso.

E’ preferibile che in ogni ASL sia identificato un solo canile sanitario (o comunque un numero limitato, in

caso di contesti territoriali disomogenei o molto estesi): in tal modo è possibile garantire la massima

concentrazione di strutture, attrezzature e attività di formazione del personale, ed aumentare l’efficienza

delle attività veterinarie. Le dimensioni del canile sanitario ed il numero dei posti disponibili devono essere

proporzionali al numero di ricoveri ed interventi programmati a cadenza mensile.

Disposizioni transitorie

Alcuni requisiti strutturali previsti dal DPGR 1/99 per il canile sanitario sono obiettivamente onerosi da

realizzare e in alcuni casi superati tecnicamente. Nel caso in cui nel territorio di una ASL non fosse

disponibile nessuna struttura completamente rispondente ai requisiti richiesti, dovrebbe essere individuata

ed autorizzata temporaneamente quella maggiormente aderente ai requisiti strutturali e funzionali richiesti.

In ogni caso, affinché un canile sanitario possa essere effettivamente autorizzato come tale, non è possibile

derogare all’esistenza almeno dei seguenti requisiti:

1. Strutture ambulatoriali, con sala operatoria riscaldata e attrezzata a norma di legge, separata dalla sala

visite;

2. Locali di risveglio adiacenti alla sala operatoria, esclusivamente adibiti a tale scopo; devono essere

chiusi e riscaldati, con pavimenti e pareti lavabili e disinfettabili;

3. Box di isolamento, in numero adeguato, per l’esecuzione dei trattamenti per l’echinococcosi;

4. Locali di isolamento per i pazienti infettivi o morsicatori.

Canile rifugio

Il canile rifugio dovrebbe essere ubicato ragionevolmente vicino al Comune di riferimento; può essere

situato nella provincia di appartenenza o nel territorio di un’altra provincia a patto che si trovi, salvo reali

impedimenti logistici non altrimenti superabili, nel raggio di 50 chilometri dal Comune.

Secondo le disposizioni del DPGR 1/99 (Art. 11), un canile rifugio dovrebbe avere dimensioni comprese tra

un minimo di 150 ed un massimo di 250 cani ricoverati, e supportare un bacino di utenza medio di 100-

150.000 abitanti, vale a dire un fabbisogno di posti-cane da un minimo di dieci a un massimo di 25 ogni

10.000 abitanti.

Un canile rifugio di dimensioni simili a quelle descritte deve avere superfici aperte (recinti) coperte da

manto erboso o comunque tali da simulare un ambiente naturale, destinate alla movimentazione dei cani

ricoverati, di almeno 5.000 metri quadri.

Idealmente, i recinti dovrebbero essere suddivisi in sub-unità funzionalmente collegate ai ricoveri, in modo

da consentire la liberazione dei cani per gruppi, anche contemporaneamente, senza turbare la serenità

degli altri cani che nello stesso momento restano in box. A tale scopo, la progettazione dei recinti deve

tener conto dei seguenti dati:

o recinzioni singole di almeno 800-1000 metri quadri ciascuna;

o disponibilità di tempi di almeno 20-30 minuti per gruppo;

o dimensioni dei gruppi di cani da liberare contemporaneamente nello stesso recinto: massimo 20-30

unità (a seconda degli operatori disponibili e della tipologia dei cani).

Sono da evitare i canili di dimensioni molto grandi, nei quali è difficile garantire la serenità ambientale

necessaria per le attività ricreative e le adozioni. E’ indesiderabile anche la costituzione di canili troppo

piccoli, che comportano disseminazione di un numero elevato di strutture e aumento eccessivo dei costi

del personale.

 


5.3. Programmi sanitari nei canili – compiti di ASL e Comuni

Bisogna distinguere le attività del canile sanitario, che riguardano essenzialmente i primi 30-60 giorni

successivi alla cattura e al ricovero, da quelle che interessano il canile rifugio, cioè il luogo di ricovero

permanente del cane.

In molti casi il canile sanitario non è separato da un canile rifugio, per cui lo spostamento del cane dai

ricoveri sanitari a quelli definitivi avviene direttamente all’interno di un canile sanitario/rifugio; anche in

questi canili vige la separazione funzionale di compiti e funzioni nell’erogazione di prestazioni sanitarie.

5.3.1. Programmi operativi nel canile sanitario

La legge 21 prevede (Art. 2) che il servizio veterinario della ASL debba eseguire nei canili sanitari “i

controlli sanitari, le vaccinazioni ed ogni altro intervento necessario per la cura e la salute degli animali”.

Rispetto alla totalità delle azioni mediche contemplate nell’enunciato dell’articolo, il dettaglio delle

prestazioni mediche garantite é definito negli altri riferimenti normativi e nella programmazione regionale.

Gli interventi sanitari di competenza della ASL possono essere eseguiti solo sui cani registrati in anagrafe

a nome del Comune di competenza, a seguito di cattura o prelievo disposto da quest’ultimo (v. oltre).

Le prestazioni a carico della ASL sono:

1. identificazione e registrazione in anagrafe;

2. sterilizzazione delle femmine;

3. trattamento antiparassitario nei confronti dell’echinococcosi (tutti i cani al momento del ricovero in

canile devono subire un trattamento apposito);

4. prelievi diagnostici per la diagnosi di Leishmaniosi e di altre malattie denunciabili (sulla base delle

indicazioni dell’Assessorato regionale dell’Igiene e Sanità, emanate con atti specifici);

5. trattamento profilattico delle principali malattie infettive e parassitarie (comprendendo sia i parassiti

esterni che quelli interni) all’ingresso nel canile. A questo proposito devono essere utilizzati prodotti

che consentano di abbinare l’efficacia del trattamento all’economicità necessaria sui grandi numeri.

Nel canile sanitario la ASL deve inoltre garantire, nei limiti delle risorse disponibili e delle indicazioni

regionali, l’esecuzione di interventi straordinari di tipo medico e chirurgico, mediante un vero e proprio

servizio di pronto soccorso (Art. 4 e 10 - DPGR 1/99).

I costi di farmaci, anestetici e materiali di consumo o derivanti dalla stipula di convenzioni inerenti le attività

nei canili sanitari sono trasferiti dalla Regione alle ASL nell’ambito dei fondi destinati alle campagne di

sterilizzazione e alla lotta al randagismo.

5.3.2. Convenzioni per le attività di pronto soccorso

La disponibilità di risorse umane e materiali dei Servizi Veterinari delle ASL in molti casi non consente di

far fronte in modo efficiente all’erogazione di un servizio di pronto soccorso veterinario.

Nell’ambito della disponibilità delle risorse assegnate, le ASL possono comunque adottare soluzioni che

prevedano convenzioni con altre strutture (All. n. 3), tra le quali devono essere sempre privilegiati gli enti

pubblici. In caso di esternalizzazione del pronto soccorso, devono sempre essere previste rigorose

procedure di sorveglianza, al fine di evitare fenomeni di abuso del servizio a beneficio di cani di proprietà.

In caso di esternalizzazione anche delle sterilizzazioni, si dovrebbe tentare di perseguire economie di

scala, affidando contemporaneamente le convenzioni per le sterilizzazioni e per il pronto soccorso.

 


5.3.3. Programmi sanitari e attività nel canile rifugio

In ogni canile deve essere nominativamente identificato il responsabile del canile (Art. 2, comma 5 del

DPGR 1/99), formalmente incaricato dal Comune (in caso di personale interno), o esplicitamente indicato

nelle convenzioni in caso di affidamento esterno. Il responsabile del canile si rapporta operativamente con

la ASL e col Comune, é responsabile della custodia dei medicinali, delle attrezzature e dei presidi medicochirurgici,

deve fornire supporto logistico al responsabile sanitario e garantisce l’esecuzione delle

prescrizioni da esso impartite.

Il responsabile del canile compila ed aggiorna, entro 72 ore da ogni evento (ingressi, uscite, trasferimenti,

morti, adozioni ecc.), il registro delle presenze in canile (All. 4).

Attività ricreative

Il canile rifugio è una struttura di ricovero permanente dei cani randagi in attesa di adozione, aperta al

pubblico. L’obiettivo di ridurre al minimo la sofferenza e l’alienazione dei cani ricoverati deve essere

perseguito favorendo il contatto con i cittadini, le attività di adozione (v. oltre) e le attività ricreative con i

cani ricoverati.

A tale scopo il responsabile del canile, compatibilmente con le condizioni atmosferiche, deve organizzare

turni di uscita dei cani nei recinti all’aperto, sotto la sorveglianza di personale del canile, di volontari delle

associazioni o di privati cittadini che si rendano disponibili. E’ importante che il personale addetto a tale

attività sia adeguatamente formato e dotato di capacità di gestione dei cani appropriata in relazione alla

tipologia di cane considerata.

Attività sanitarie

Nel canile rifugio la ASL esercita compiti istituzionali di vigilanza e prevenzione delle zoonosi e delle

malattie diffusive. Le prestazioni veterinarie per la cura di malattie comuni nei canili rifugio sono a carico

del Comune, che può provvedere direttamente o nell’ambito di convenzioni stipulate con i gestori dei canili.

Le convenzioni di affidamento dei cani randagi devono specificare esplicitamente (DPGR 1/99, All. A) le

modalità di esecuzione e di pagamento delle cure veterinarie, mediche e chirurgiche, che si rendano

necessarie nel canile rifugio.

Il responsabile sanitario dei canili rifugio è un veterinario privato, convenzionato col Comune o col canile;

i compiti del responsabile sanitario comprendono:

o la visita collettiva del canile almeno a cadenza mensile;

o la visita dei cani segnalati dal responsabile del canile per problemi di salute, ed in caso di necessità la

prescrizione di adeguate terapie;

o la compilazione e l’aggiornamento della scheda sanitaria di ogni cane visitato; la scheda sanitaria

deve essere conservata nell’ufficio del canile, a disposizione del veterinario ufficiale per almeno tre

anni;

o la supervisione dei programmi di disinfezione e di profilassi antiparassitaria;

o la sorveglianza dell’armadio farmaceutico;

o la notifica delle malattie infettive al servizio di Sanità animale della ASL.

Il responsabile sanitario, nel rispetto dei propri doveri, è inoltre tenuto a segnalare alla ASL competente

eventuali violazioni del benessere animale delle quali venga a conoscenza nell’esercizio del proprio

compito.

In ogni canile deve essere attuata una programmazione degli interventi sanitari di routine (sottoposta a

vigilanza da parte del Servizio Veterinario della ASL); devono essere curate con la massima attenzione le

misure di biosicurezza, tra le quali i trattamenti rodenticidi, lo stoccaggio dei mangimi in ambienti

adeguatamente protetti dai roditori, la pulizia degli ambienti e dei contenitori dei cibi, la vigilanza sui

programmi periodici di disinfezione eseguiti dal personale del canile e le vaccinazioni per la leptospirosi.

5.3.4. Vigilanza sui canili

L'organo istituzionalmente deputato alla vigilanza sui canili pubblici e privati convenzionati è il servizio

veterinario della ASL competente. Il servizio veterinario della ASL dovrebbe ispezionare ogni canile rifugio

nel territorio di propria competenza almeno semestralmente.

L'attività di vigilanza comprende anche la valutazione quantitativa e qualitativa delle prestazioni offerte

dalla struttura agli utenti, che devono essere espresse con criteri di misurazione oggettiva in termini di

efficacia nella lotta al randagismo. Tra le voci valutate deve essere compresa l’accessibilità al canile e la

pratica di attività ludiche e ricreative per i cani ricoverati, oggettivata anche mediante i riscontri ottenuti

dalle associazioni di volontariato (v. anche cap. 13).

I modelli delle liste di riscontro (check-list) per la vigilanza nei canili ed i criteri di misurazione e

certificazione dei livelli di prestazione dimostrati devono essere definiti ed aggiornati dal Servizio

Prevenzione dell’Assessorato Regionale all’Igiene e Sanità.

La valutazione dei canili da parte delle ASL dovrà essere aggiornata annualmente, e obbligatoriamente

richiesta e valutata dai Comuni nelle gare d’appalto per convenzioni con i canili rifugio e sanitario.

 


6. CATTURE E PRELIEVI

6.1. Programmazione degli interventi

La programmazione degli interventi di cattura dei cani vaganti, sulla base delle priorità d’intervento e della

disponibilità di ricovero in canile, è attuata dal Comune, che si avvale a questo scopo delle informazioni

derivanti dalle segnalazioni dei cittadini e dalla vigilanza sul territorio della Polizia Municipale e, laddove

esistenti, delle Guardie Zoofile. Una volta ravvisata l’esigenza della cattura, il Comune chiede l’intervento

del servizio veterinario della ASL competente.

6.2. Esecuzione dell’intervento

La ASL esegue l’intervento di cattura dietro disposizione del Comune, che garantisce la copertura delle

spese di mantenimento.

Salvo i casi di urgenza (regolarizzabili a posteriori), il Comune deve sempre formalizzare le richieste di

prelievo o cattura mediante apposita modulistica (All. n. 15); il personale incaricato dell’intervento deve

essere assistito dalla Polizia Municipale o da altro personale comunale nell’individuazione dei cani.

L’accertamento dell’identificazione del cane catturato e le conseguenti procedure (restituzione al

proprietario, oppure eventuale identificazione e sterilizzazione delle femmine, trattamenti antiparassitari e

immunizzanti ecc.) devono essere svolte nel canile sanitario della ASL competente.

In caso di urgenze caratterizzate da pericolo imminente per persone, cose o altri animali la ASL può

intervenire anche in assenza di specifica richiesta del Comune, su segnalazione di altre autorità (forze

dell’ordine, Autorità Giudiziaria); in tal caso informa nel più breve tempo possibile il Comune per il seguito

di competenza riguardante il ricovero in canile.

6.3. Convenzioni, costi

Per l’esecuzione materiale delle catture, la ASL può avvalersi di personale dipendente e mezzi propri o di

convenzioni con associazioni di volontariato o soggetti privati. In tal caso è necessario pubblicizzare

adeguatamente le manifestazioni d’interesse (da preferire alle gare d’appalto, in quanto consentono la

partecipazione delle associazioni di volontariato) specificando nel capitolato le condizioni e le fattispecie di

intervento.

Nelle convenzioni dovrebbe essere differenziato il costo degli interventi di cattura (riferiti a cani liberi e

quindi maggiormente onerosi), da quello degli interventi di prelievo (cani confinati in luoghi chiusi).

In caso di cattura di cani vaganti di proprietà, le spese per la cattura, il mantenimento e le eventuali cure

sostenute sono a carico del proprietario del cane (Art. 9, comma 5).

Per garantire il coordinamento tra gli Enti, i Comuni devono prevedere nelle convenzioni per la gestione dei

canili la possibilità di ricoveri in seguito a catture urgenti. Tutti i Comuni devono comunicare alla ASL

competente l’indicazione del canile sanitario nel quale ricoverare cani randagi, eventualmente catturati in

seguito a richieste urgenti.

6.4. Divieti

La legge 21 vieta espressamente (Art. 9, comma 2) a chiunque, al di fuori dei soggetti autorizzati a tale

scopo dalla ASL competente, la cattura o il prelievo dall’ambiente dei cani randagi.

Il privato cittadino che riscontri un cane vagante o una cucciolata abbandonata non può quindi intervenire

direttamente nel prelievo, ma deve segnalare il fatto alla Polizia Municipale, che interviene tramite la ASL;

anche nel caso in cui s’intenda adottare un cane vagante, apparentemente privo di proprietario,

l’interessato deve comunque fare domanda d’adozione al Comune competente; l’adozione può avvenire

previa autorizzazione da parte del Comune, verifica dell’identificazione del cane e successiva istruttoria

(registrazione in BDR ecc.).

L’eventuale prelievo non autorizzato di cani vaganti e il conseguente ricovero in strutture non autorizzate,

in sostituzione di attività istituzionalmente in capo a Comuni e ai Servizi Veterinari della ASL, comportano

una serie di violazioni (Art. 4; Art. 8, comma 1; Art. 9, comma 2; della L.R. 21/94; Art. 24 del Regolamento

di Polizia Veterinaria) cui consegue l’emissione di sanzioni amministrative per i trasgressori, fatte salve le

conseguenze per eventuali violazioni di carattere penale concernenti il rispetto del benessere animale e

della tutela dell’ambiente.

N.B.: la creazione di canili abusivi può essere fonte, oltre che di gravissime difficoltà economiche per le

amministrazioni locali, di gravi problemi in termini di benessere animale; tutte le iniziative private tendenti a

sostituirsi alla pubblica amministrazione nella gestione del randagismo devono pertanto essere scoraggiate

fermamente. Nel caso di situazioni pregresse di difficile soluzione, il Comune singolo o consorziato deve

intraprendere senza indugio le iniziative volte all’arresto del fenomeno ed alla progressiva risoluzione del

problema, se necessario mediante l’indizione di una conferenza di servizi con tutti gli enti e gli attori coinvolti.


6.5. Urgenze

In caso di incidente stradale che coinvolga un cane apparentemente privo di proprietario, il privato cittadino

che intervenga nel tentativo di prestare i primi soccorsi deve contattare (direttamente o tramite la Polizia

Municipale o le forze dell’ordine) il servizio veterinario della ASL competente, che deve allo scopo

comunicare ai Comuni e alle forze dell’ordine un numero dedicato per le emergenze.

Esistono comunque situazioni di pericolo (cani disorientati su strade a scorrimento veloce, con rischio di

incidenti ecc.) nelle quali non si può ragionevolmente addebitare una colpa o una responsabilità in senso

impegnativo ad un cittadino che intervenga per rimuovere momentaneamente un cane da una situazione di

rischio oggettivo per sé e per le persone; resta valido il principio che, appena terminata l’urgenza, é

obbligatorio informare immediatamente le autorità competenti (Comune, Polizia Municipale) che decidono

le azioni conseguenti.

7. STERILIZZAZIONI

La ASL (artt. 2 e 13 L. 21/94; Art. 13 del DPGR 1/99) deve predisporre annualmente i piani di

sterilizzazione previsti dall’Art. 13. del DPGR 1/99; i programmi operativi devono essere basati su una

stima del bisogno e completi di appositi piani di spesa.

Laddove l’organizzazione aziendale consenta di disporre di sufficienti risorse umane e materiali, gli

interventi di sterilizzazione sono svolti direttamente dal personale interno alla ASL (dipendente o

convenzionato). In caso contrario, possono essere adottate soluzioni alternative, quali per esempio

convenzioni con istituzioni pubbliche (Università) o strutture private.

Nel rispetto del principio di economicità e di efficacia, nell’analisi delle alternative operative possibili in ogni

ASL deve essere valutato il rapporto costo-beneficio di ogni soluzione possibile; le scelte adottate devono

tenere conto dei costi totali connessi al progetto, incluso il costo della mano d’opera per il personale

sanitario e tecnico coinvolto nelle attività. In caso di affidamento delle convenzioni a strutture private,

nell’assegnazione degli incarichi si deve cercare di concentrare gli interventi in un numero limitato di

strutture, al fine di consentire la realizzazione di economie di scala nell’approntamento dei preventivi.

I progetti di utilizzo dei fondi devono essere trasmessi all’Assessorato regionale dell’Igiene e Sanità, che

verifica l’efficienza e l’efficacia delle azioni svolte e attribuisce i fondi corrispondenti mediante criteri

incentivanti il raggiungimento degli obiettivi assegnati.

7.1. Modalità applicative

Qualunque soluzione venga adottata, le attività di sterilizzazione devono essere sempre e comunque

condotte nel rispetto dei seguenti principi:

o Gli interventi devono essere eseguiti presso strutture ambulatoriali, pubbliche o private, formalmente

autorizzate dal Comune competente.

o In caso di affidamento delle attività di sterilizzazione in convenzione a enti terzi o a privati, le strutture

convenzionate devono avere la disponibilità di ricovero postoperatorio dei cani operati, in modo tale da

consentire al Comune il ritiro degli stessi nei giorni seguenti con la necessaria flessibilità.

o Gli interventi devono essere eseguiti nel rispetto rigoroso delle buone pratiche cliniche in termini di

adeguatezza degli ambienti, tecniche di asepsi e antisepsi, anestesia e terapia del dolore, tecniche

operatorie e monitoraggio postoperatorio, sotto la responsabilità di medici veterinari iscritti agli albi

professionali.

Importante: poiché la legge affida alla ASL il compito di provvedere alla sterilizzazione dei cani randagi,

eventuali attività di sterilizzazione condotte da altri Enti devono avvenire di concerto o comunque con

l’autorizzazione della ASL stessa, che deve aggiornare l’indicazione del sesso del cane nella Banca dati

regionale.


7.2. Priorità e criteri

Le risorse assegnate devono essere utilizzate rispettando le seguenti priorità:

1. Cagne ricoverate all’interno dei canili in promiscuità con cani maschi.

2. Cagne vaganti catturate.

3. Gatte.

I cuccioli da dare in adozione spesso sono di età troppo giovane per l’intervento; la ASL può posticipare

l’intervento, compilando nel documento d’adozione (All. 7) il riquadro previsto per la prenotazione

dell’intervento, che sarà eseguito gratuitamente entro l’anno di età del cane.

La sterilizzazione dei cani maschi, salvo casi particolari di esigenze terapeutiche per animali aggressivi o di

urgenze di carattere gestionale nei canili, non costituisce priorità operativa.

7.3. Animali privati

La sterilizzazione di cani e gatti privati può essere considerata un’attività di interesse generale se persegue

obiettivi strategici finalizzati a combattere l’abbandono delle cucciolate, considerato uno tra i principali

meccanismi di alimentazione del randagismo.

L’utilizzo di risorse pubbliche per la sterilizzazione di animali privati può quindi essere autorizzata

nell’ambito di piani regionali finalizzati a combattere tale fenomeno, destinati a cagne o gatte di proprietà di

nuclei familiari economicamente disagiati o detenute senza una custodia costante, e sulla base di precisi

criteri di analisi del rischio opportunamente stabiliti dall’Assessorato regionale dell’Igiene e Sanità.

La Regione Autonoma della Sardegna, con Deliberazione n. 68/23 del 03.12.2008 ha approvato il piano

triennale per la lotta al randagismo, nell’ambito del quale sono previsti contributi per le sterilizzazioni di cani

di proprietà caratterizzati da situazioni di rischio di cui sopra.

La procedura standard (non vincolante) per l’assegnazione di contributi pubblici per la sterilizzazione di

cani privati è la seguente:

1. Definizione dei criteri di rischio e dei punteggi ad essi assegnati per la formazione delle graduatorie degli aventi

diritto al servizio (All. 16).

2. Definizione della durata e periodicità delle graduatorie.

3. Pubblicazione degli avvisi al pubblico, utilizzando criteri di massima diffusione (siti Internet, volantini da distribuire

negli ambulatori veterinari, comunicazioni alle associazioni di volontariato ecc.).

4. Raccolta delle domande e definizione delle graduatorie secondo la periodicità temporale predefinita.

5. Consegna agli aventi diritto del titolo (buono) stabilito per il contributo; nel titolo devono essere indicate almeno le

seguenti informazioni:

o identificazione del proprietario e del cane (n. di microchip);

o recapito telefonico, di posta elettronica e di fax del responsabile di procedimento del Comune

o recapito telefonico, di posta elettronica e di fax del responsabile di procedimento del Servizio Veterinario della

ASL competente;

o periodo di validità del titolo e scadenza per il pagamento.

6. I cittadini possono utilizzare il titolo ricevuto dal Comune presso qualsiasi ambulatorio veterinario della provincia di

appartenenza che dichiari di aderire all’iniziativa (è opportuno a questo proposito organizzare incontri specifici con

gli ambulatori siti nel territorio del Comune o dei Comuni interessati dal progetto).

7. L’ambulatorio presso il quale è eseguito l’intervento ha l’obbligo di comunicare l’avvenuto intervento per iscritto ed

entro 24 ore (email o fax) al Comune ed alla ASL, la quale vigila a campione sull’effettiva esecuzione degli

interventi.

8. Consegna del titolo all’ambulatorio: quest’ultimo dovrà fatturare al proprietario del cane solo la cifra effettivamente

da esso pagata, mentre emetterà fattura per la parte restante, pari al contributo, al Comune interessato (col quale

potrà concordare la periodicità di consegna dei buoni e dei pagamenti).

In alternativa alla procedura sopra descritta, i contributi possono essere pagati direttamente ai cittadini

titolari, previa presentazione di certificazione veterinaria e fattura attestante l’avvenuta sterilizzazione.

Resta l’obbligo di cui al punto 7. per consentire idonea vigilanza sulla procedura.

 


8. AFFIDAMENTO E ADOZIONE

8.1. Responsabilità decisionale e adozione cosciente

L’adozione di un cane comporta l’assunzione di precise responsabilità, disciplinate dalle norme vigenti.

E’ importante promuovere processi di adozione consapevole, che prevedano una completa informazione

del potenziale nuovo proprietario sui doveri e le responsabilità connesse alla proprietà di un cane; la cura

profusa nel processo di adozione aumenta notoriamente il successo delle adozioni stesse.

Personale formalmente incaricato dal Comune (normalmente il responsabile del canile ai sensi dell’Art. 2,

comma 5. del DPGR 1/99, se possibile coadiuvato da personale delle associazioni di volontariato) deve

pertanto aiutare gli interessati all’adozione nella scelta del cane, tenendo conto dell’ambiente nel quale il

cane andrà a vivere, delle sue caratteristiche fisiche (soprattutto la taglia) e caratteriali, e dell’esperienza e

delle aspettative del nuovo proprietario.

8.2. Registrazione

La formalizzazione dell’atto di affidamento/adozione deve avvenire mediante la compilazione di un

documento specifico (All. 7).

Il responsabile del canile, o la persona formalmente incaricata dal Comune, trasmette entro tre giorni l’atto

di adozione al Comune ed alla ASL presso la quale è registrato il cane; quest’ultima aggiorna la variazione

anagrafica nella BDR.

L’adozione non può avvenire prima che siano trascorsi quindici giorni dalla cattura del cane, ed ha natura

di affidamento temporaneo fino a che non siano trascorsi i sessanta giorni di tempo previsti dalla legge

perchè un eventuale proprietario reclami la proprietà del cane catturato. Trascorsi i sessanta giorni dalla

cattura senza che nessuno abbia reclamato la proprietà del cane (e senza che l’interessato abbia

rinunciato formalmente all’adozione), l’affidamento temporaneo diventa automaticamente adozione

definitiva e l’affidatario acquista la piena proprietà del cane adottato.

8.3. Incentivi

L’incentivazione delle adozioni costituisce uno dei punti cardine della lotta al randagismo. Il primo requisito

necessario per incentivare l’adozione é l’organizzazione delle attività di adozione stesse. Devono essere

puntualmente curate le seguenti attività:

o orari d’accesso al pubblico in canile estesi al fine settimana;

o assistenza ai cittadini interessati da parte di personale appositamente formato;

o individuazione nominale e formale dei responsabili delle adozioni;

o pubblicazione delle campagne di adozione (sito internet del Comune, del Canile e delle associazioni di

volontariato).

L’incentivazione può comprendere anche servizi accessori riferiti al cane adottato (trattamenti

antiparassitari, vaccinazioni ecc.).

E’ possibile attivare specifiche incentivazioni anche di carattere economico: per esempio, sotto forma di

buoni per alimenti per cani o per prestazioni veterinarie (da preferirsi ove possibile agli incentivi in denaro).

Al fine di evitare possibili fenomeni di speculazione, il valore degli incentivi non dovrebbe superare quello

del costo di mantenimento del cane per un anno; a seconda dell’entità del premio stesso, quest’ultimo può

essere consegnato a rate e condizionato alla dimostrazione del buon mantenimento del cane stesso nel

tempo.

8.4. Convenzioni incentivanti

I Comuni devono garantire la qualità dei servizi offerti dai soggetti ai quali viene affidata la custodia dei

cani; le convenzioni devono prevedere le clausole incentivanti le attività di adozione (All. 1). I Comuni

possono utilizzare una parte dei fondi destinati alla gestione dei cani per stimolare tali attività da parte dei

canili convenzionati. La Regione distribuisce i fondi ai Comuni utilizzando criteri di premialità in base alle

attività di adozione svolte.

 


9. REINTRODUZIONE IN AMBIENTE

L’eccessiva proliferazione canina negli ambienti urbani, la saturazione degli spazi disponibili nei canili e le

ben note difficoltà economiche degli enti locali hanno nel tempo resa necessaria l’adozione di

provvedimenti urgenti, in particolare nei casi in cui il rapporto popolazione/cani ricoverati ha superato di

molto livelli economicamente sostenibili (v. par. 5.2.).

Per far fronte a queste situazioni, in molti casi i Comuni hanno emanato apposite Ordinanze, con le quali é

stata disposta la cattura e sterilizzazione dei cani vaganti, e successiva liberazione nel punto di cattura.

Questa soluzione é stata considerata a suo tempo (Circolare 14.05.2001, n. 5 del Ministero della Salute)

“un rimedio necessario, ma temporaneo per evitare il dilagare del fenomeno”. E’ chiaro che si tratta di una

soluzione accettabile solo in quanto provvisoria, non fosse altro perchè “non consente di risolvere

l’obiettivo sancito dalla legge, cioè l’eliminazione del randagismo”.

Nel caso in cui il Comune decida di avvalersi di questa opzione, deve attenersi al rispetto dei seguenti

principi.

9.1. Requisiti

Non sempre i cani possono essere liberati in ambiente, anche se sterilizzati. La liberazione in ambiente

deve essere evitata quando ricorrano le seguenti condizioni:

o cani di taglia grossa (oltre 25 kg);

o cani aggressivi o che inseguano persone o mezzi (rischio di cagionare incidenti stradali);

o scarsa recettività ambientale (parchi naturali, vicinanza con aziende zootecniche ecc.);

o bassa accettazione da parte dei cittadini (lamentele, denunce ecc.);

o degrado urbano accentuato.

Le condizioni di cui sopra devono essere contestualizzate alla situazione locale; la decisione deve essere

presa caso per caso, avvalendosi del parere veterinario nei casi dubbi.

9.2. Modalità operative

Per evitare di catturare per errore più volte gli stessi cani, ai cani liberati deve essere applicato un collare,

possibilmente di materiale plastico o comunque resistente all’acqua, di colore arancione e recante una

medaglietta o una targhetta che riporti il numero d’identificazione e il Comune di appartenenza.

Le reintroduzioni in ambiente devono essere comunicate alla ASL, specificando l’identificazione dei cani

liberati ed i corrispondenti siti di liberazione. Annualmente la ASL trasmette alla Regione una relazione

tecnica riassuntiva, contenente una valutazione critica dei risultati ottenuti (v. oltre).

N.B.: l’emanazione di apposita Ordinanza del Sindaco costituisce presupposto necessario alla reintroduzione

in ambiente di cani randagi; il provvedimento deve contenere chiare disposizioni a cui il responsabile di

procedimento del Comune possa riferirsi. Le spese connesse alla eventuale nuova cattura di cani

precedentemente reintrodotti in ambiente sono a carico del Comune.

9.3. Responsabilità civile

La responsabilità civile degli eventuali danni a cose e persone cagionati da un cane vagante (incidenti

stradali, aggressioni ad altri animali o a persone) è disciplinata dagli Artt. 2043, 2052 e 2055 del Codice

Civile, secondo i quali il proprietario e il detentore del cane rispondono in solido degli eventuali danni da

esso causati.

Il Comune ha la responsabilità giuridica della detenzione e custodia dei cani randagi, e di conseguenza

degli eventuali danni da essi causati; per questo motivo è opportuno che i Comuni, in forma singola o

associata, stipulino polizze assicurative per la copertura degli eventuali danni causati da cani randagi nel

loro territorio.

Il cittadino danneggiato deve indirizzare le eventuali richieste di risarcimento al Comune, alla ASL

competente (che può essere chiamata a rispondere dei danni in solido o in via esclusiva in caso di

inadempienze nella cattura) e, per conoscenza, all’Assessorato Regionale all’Igiene e Sanità.

 


10. EUTANASIA

Un aspetto innovativo molto delicato introdotto dalla L. 281/91 e dalla LR 21/94 è stato il limite imposto per

l’eutanasia dei cani randagi; l’Art. 9, ai commi 7 e 8, specifica i casi in cui é ammessa l’eutanasia.

E’ chiaro il principio ribadito, e cioè che l’eutanasia non é accettata quale metodo di controllo della

popolazione canina. Il significato dell’eutanasia é quindi quello di un atto medico, utilizzato come estrema

risorsa in assenza di altre soluzioni a gravi problemi medici o di sicurezza.

10.1. Potere decisionale

Come più volte specificato, il Sindaco o il suo delegato (D.L. 267/2000 Art. 50, comma 5., L. 833/78 art. 13,

DPR 31.03.1979, L.R. 15/85 art. 12) é l’autorità competente sulle decisioni attinenti la sanità pubblica, la

sicurezza dei cittadini e la protezione dei cani e dei gatti randagi.

Il processo decisionale riguardante l’eutanasia di un cane randagio prevede i seguenti momenti:

o Diagnosi, prognosi e parere medico veterinario: nei canili sanitari interviene il veterinario dipendente

della ASL o il direttore sanitario della struttura convenzionata per il pronto soccorso; nei canili rifugio il

veterinario responsabile sanitario del canile (v. cap 5.4.2.).

o Decisione del Sindaco o del suo delegato (v. anche cap. 3 e 5, All. 12) all’interno delle ipotesi

prospettate dal parere medico veterinario, e tenuto conto della possibilità materiale di garantire cure

appropriate.

o Eventuale esecuzione dell’eutanasia da parte del medico veterinario.

In condizioni di urgenza, per esempio incidenti stradali con difficoltà a raggiungere in tempo utile i referenti

istituzionali, il medico veterinario deve assumere le decisioni dettate dai propri doveri deontologici.

10.2. Motivazioni possibili: pericolosità e malattia

Le fattispecie possibili per l’eutanasia sono due: la malattia e la pericolosità. Si forniscono in questa sede

alcuni elementi di valutazione per affrontare le situazioni possibili (fermo restando che non è possibile

eliminare completamente la discrezionalità di cui in scienza e coscienza dispone il medico veterinario).

10.3. Pericolosità: la pericolosità di un cane può essere connessa a motivi biologici, quali la

contaminazione da malattie infettive o contagiose (v. oltre), o l’aggressività. Per quanto riguarda la

pericolosità da aggressività, può essere considerato aggressivo, o meglio caratterizzato da aggressività

non controllata, un cane che, non provocato, lede o minaccia di ledere l'integrità fisica di una persona o di

altri animali *.

La scelta di mantenere in vita o meno un cane aggressivo dipende dalla possibilità di poterlo affidare in

adozione in tutta sicurezza (assolutamente necessario in questi casi il parere veterinario) o, in alternativa,

di consentirne la normale gestione giornaliera in canile (alimentazione, pulizia, attività ricreativa ecc.)

senza rischi per il personale addetto e senza la necessità di contenzioni o costrizioni del cane incompatibili

col benessere animale.

In casi particolari, laddove l’organizzazione del canile lo consenta (convenzioni con Università ecc.), è

possibile un tentativo di recupero terapeutico (terapia comportamentale).

10.4. Malattia: in caso di malattia, normalmente l’approccio medico veterinario prevede di proporre

l’eutanasia quando si verifichi la concomitante presenza di due condizioni:

o incurabilità dell’animale;

o stato di sofferenza ineliminabile.

Il verificarsi di una sola delle due condizioni non é sufficiente a giustificare il ricorso all’eutanasia:

un’animale incurabile che non soffre può teoricamente continuare a vivere, così come un’animale

sofferente, ma che ha ragionevoli probabilità di guarire se opportunamente curato.

Ulteriori considerazioni

A concetti teoricamente semplici, nella realtà delle cose va confrontata un’infinità di condizioni e di casi particolari, quali

per esempio:

- patologie gravi, con probabilità di guarigione scarse ma esistenti, necessità di cure molto impegnative dal punto di

vista economico o dell’assistenza infermieristica;

- patologie incurabili (per es. paralisi irreversibile degli arti posteriori), ma non mortali e in alcuni casi gestibili, laddove il

proprietario sia in grado di garantire cure infermieristiche relativamente assidue ed esperte.

Normalmente (in caso di animali privati) il veterinario, insieme alla diagnosi e alla prognosi, illustra al proprietario le

alternative decisionali possibili, tenendo conto non solo della malattia in se stessa, ma anche del binomio uomoanimale

che la dovrà affrontare.

Tutto ciò é più complicato nel caso dei cani randagi, che vivono in un ambiente (il canile) di per sé difficile e stressante

anche per un cane sano, e possono ricevere un’assistenza umana che nel migliore dei casi é discontinua e irregolare,

spesso limitata alla sola alimentazione. Inoltre il Comune, che gestisce una popolazione di cani all’interno di un canile,

*non rientrano in questa definizione le normali manifestazioni di aggressività o di dominanza tra cani

 

é tenuto a fare valutazioni collettive nella destinazione delle risorse, avendo come obiettivo il miglior stato di salute

possibile dell’intero canile.

Il parere veterinario e la decisione del responsabile del Comune dovranno quindi tener conto di tutti i fattori sopra

accennati, tenendo conto dell’eventuale possibilità di collaborazione da parte di cittadini, veterinari privati e

associazioni di volontariato; ogni caso può quindi essere personalizzato, sempre e comunque nel rispetto delle

responsabilità istituzionali sopra specificate.

Per quanto riguarda le malattie infettive, in alcuni casi (ad es. la Rabbia) non esiste alcuna discrezionalità e le

decisioni da prendere sono già codificate dalla normativa in vigore; tuttavia esistono anche in questo caso situazioni

intermedie (per es. la Leishmaniosi) nelle quali la decisione di procedere o no all’eutanasia é condizionata da una serie

di parametri clinici accessori e dalla ragionevole possibilità che il responsabile del canile sia in grado di garantire

nella sua completezza (direttamente o mediante il supporto di volontari) l’esecuzione delle cure e delle misure di

prevenzione prescritte dal medico veterinario.

In tutti i casi di malattia grave, una decisione per la terapia o l’eutanasia deve essere comunque presa; non é

eticamente accettabile eludere il problema, abbandonando a se stesso, magari per mesi o anni e fino alla sua morte

per malattia, un animale con gravi patologie in atto.

 


11. TUTELA DEI GATTI

La normativa non contempla la lotta al randagismo del gatto, non è quindi prevista la cattura dei gatti

vaganti; i riferimenti normativi esistenti disciplinano solo la gestione delle colonie feline.

Per “colonia felina” si intende un gruppo di gatti vaganti (liberi) che vive stabilmente in un luogo pubblico o

aperto al pubblico; é di norma vietato spostare i gatti dall’habitat in cui si trovano, ed è vietato maltrattare i

gatti che vivono in libertà;

Cattura e prelievi: il prelievo dei gatti dall’ambiente in cui si trovano può essere effettuato esclusivamente

se finalizzato alla sterilizzazione o al ricovero per motivi sanitari. Le operazioni di prelievo possono essere

condotte dagli stessi volontari che accudiscono le colonie, nell’ambito delle attività concordate dal Comune

e dalla ASL.

I gatti non possono essere mantenuti all’interno di gattili oltre il tempo necessario per la loro cura.

Sterilizzazioni: i Comuni, tramite le Associazioni o cittadini volontari, devono censire e gestire le colonie

feline; per impedire un incremento numerico dei felini concordano con le ASL appositi piani di

sterilizzazione.

La ASL esegue gli interventi (Art. 14 L.R. 21/94) su richiesta dell’amministrazione Comunale nell’ambito del

piano annuale di sterilizzazione (v. cap. 7). Le sterilizzazioni dei gatti randagi eventualmente condotte dai

Comuni o da Associazioni di volontariato, mediante strutture private, devono avvenire con l’autorizzazione

della ASL.

I gatti delle colonie feline sottoposti a sterilizzazione devono essere identificati mediante il tatuaggio della

lettera “S” nel padiglione auricolare sinistro, e successivamente riammessi nel gruppo d’origine.

Eutanasia: con l’esclusione della fattispecie della pericolosità, relativamente rara in questa specie,

valgono le considerazioni espresse sull’eutanasia nel capitolo 10.

12. FORMAZIONE E INFORMAZIONE

L’attività di formazione e informazione è determinante nella promozione di comportamenti appropriati, e a

medio e lungo termine costituisce una delle attività più utili ed efficaci nella prevenzione del randagismo.

Attraverso l’Assessorato all’Igiene e Sanità, la Regione indirizza l’attività formativa e divulgativa in modo

uniforme in tutto il territorio regionale.

La lotta al randagismo necessita pertanto di attività formative differenziate nei confronti di diversi

destinatari.

12.1. Veterinari

In collaborazione con i Dipartimenti di Prevenzione delle ASL, e avvalendosi anche della collaborazione di

Istituto Zooprofilattico e dell’Università, la Regione organizza un programma di eventi formativi

specificatamente indirizzati ai veterinari pubblici impegnati nel controllo del randagismo e nell’igiene urbana

veterinaria. I corsi devono prevedere tecniche formative generali (formazione per formatori), al fine di

creare una rete di formatori specializzati, disponibile sul territorio per l’implementazione degli altri eventi

formativi.

Le materie comprese nei piani formativi annuali devono comprendere almeno i seguenti approfondimenti:

o Malattie infettive e parassitarie: prevenzione delle zoonosi

o Biosicurezza e igiene delle strutture di ricovero per piccoli animali

o Etologia e medicina comportamentale

o Chirurgia e anestesia

o Approfondimenti normativi

o Tecniche di comunicazione e di divulgazione

La partecipazione ai corsi può essere estesa ai veterinari liberi professionisti, con priorità per quelli titolari o

dipendenti di strutture veterinarie autorizzate nel territorio regionale.

 


12.2. Guardie zoofile, responsabili dei canili, personale preposto al recupero degli animali e

associazioni di volontariato

Le ASL devono organizzare, a cadenza biennale, corsi di formazione specificatamente rivolti agli operatori,

contenenti nozioni di base almeno sulle seguenti materie:

o Malattie infettive e parassitarie

o Alimentazione

o Etologia e nozioni di base sul rapporto uomo-animale

o Igiene

o Benessere animale con riferimento ai piccoli animali.

I corsi devono prevedere attestazioni di frequenza.

12.3. Polizia Municipale

I Comuni devono favorire la partecipazione del personale di Polizia Municipale alle attività formative

specifiche; i Servizi Veterinari delle ASL devono a questo proposito organizzare almeno un evento

formativo annuale per provincia, riguardante almeno i seguenti argomenti:

o Normativa specifica

o Anagrafe canina

o Modalità di vigilanza

Gli eventi formativi devono essere comunicati con preavviso di almeno venti giorni a tutti i Comuni afferenti

alla ASL, e devono prevedere uno spazio di discussione di problemi specifici ed eventuali simulazioni.

12.4. Cittadini e proprietari di cani

La diffusione capillare di attività formative a tutti i cittadini rischia di risultare dispersiva e frammentaria, e in

ultima analisi inefficace, senza un’accurata pianificazione degli obiettivi formativi e della popolazione target.

Occorre quindi pianificare sistematicamente il raggiungimento di un obiettivo minimo di informazione

diffusa.

Una modalità d’approccio sistematico a tale scopo prevede il raggiungimento degli studenti tramite il

sistema scolastico. L’attività formativa può essere indirizzata a due tipi di target: a) studenti delle scuole

elementari, particolarmente recettivi all'argomento; b) studenti di età compresa tra i dodici e i sedici anni, ai

quali proporre corsi più avanzati.

I servizi veterinari delle ASL devono quindi organizzare corsi per formatori, rivolti ai docenti scolastici. I

corsi rivolti ai docenti devono contenere un corso base da trasferire agli studenti, con materiale

informatizzato (da rendere disponibile anche sul sito internet della Regione e delle ASL).

I Servizi Veterinari della ASL devono prendere contatto a questo proposito con i competenti Uffici Scolastici

Provinciali, per concordare un calendario di eventi formativi che consenta di raggiungere con un evento

formativo nel corso dell’anno tutti i docenti che avranno aderito all’iniziativa.

L’informazione ai singoli proprietari di cani deve essere prevista già in fase di iscrizione all’anagrafe

canina, ma può avvenire anche in altri modi: in particolare, l’Assessorato regionale e i Dipartimenti di

Prevenzione delle ASL devono collaborare con Università, Istituto Zooprofilattico e Ordini Professionali per

la realizzazione di libretti informativi, scaricabili gratuitamente dai siti Internet della Regione e degli altri Enti

partecipanti all’iniziativa, da distribuire eventualmente anche presso ambulatori veterinari ed esercizi

commerciali (negozi di cibi per cani, esercizi di toelettatura ecc.).

Le informazioni selezionate nei seminari e nei libretti informativi dovrebbero contenere, oltre a nozioni di

base di igiene, salute pubblica, alimentazione e corretta detenzione degli animali, anche l’individuazione

dei più comuni errori da evitare nella detenzione dei piccoli animali e una sezione di domande-risposte

selezionate sulla base delle richieste di più frequente riscontro.

N.B.: una formazione particolare deve essere prevista per i proprietari di cani che richiedono una valutazione

comportamentale in quanto “impegnativi” per la corretta gestione ai fini della tutela dell’incolumità pubblica,

in particolare alla luce di quanto disposto dall’O.M. 03.03.2009.


13. VOLONTARIATO

Le associazioni di volontariato sono state individuate dalla Legge 21 come il riferimento prioritario ai fini

dell’affidamento delle convenzioni per il ricovero dei cani o per la gestione dei canili comunali già esistenti.

Il DPGR 1/99 (Allegato A) specifica quali sono le attività che possono essere assegnate alle associazioni di

volontariato, precisando che ad esse possono essere attribuiti i seguenti compiti:

1. pulizia dei ricoveri;

2. alimentazione degli animali;

3. attività ludiche e di socializzazione dei soggetti ricoverati;

4. adozioni e amministrazione delle pratiche di adozione.

Se l’associazione ha in convenzione la gestione del canile, essa é responsabile di tutte le attività sopra

elencate.

Può capitare che un canile abbia una gestione mista, nella quale il personale comunale oppure un privato

convenzionato garantiscono la corretta esecuzione delle operazioni di alimentazione e pulizia, mentre

l’associazione svolge attività ricreative per i cani e favorisce momenti di socializzazione tra cittadini e cani

ricoverati.

Queste attività sono finalizzate all’adozione, ma non solo; i cittadini impossibilitati ad adottare un cane

possono comunque visitare il canile e, anche grazie all’opera di facilitazione dei volontari delle

associazioni, partecipare e collaborare alle attività ricreative dei cani. Si realizza in questo modo un duplice

beneficio, sia per i cani ricoverati che per le persone interessate (effetto benefico sull’uomo del rapporto

uomo-animale).

Il gestore del canile, sia esso un privato o un’associazione di volontariato, deve sempre garantire l’accesso

al canile negli orari di apertura; inoltre, secondo modalità concordate col Comune, per permettere

l’espletamento delle funzioni di cui ai punti 3. e 4 deve rendere disponibile il registro delle presenze in

canile alle associazioni autorizzate a tal scopo dal Comune.

Importante: benché le associazioni di volontariato non siano investite dalle norme vigenti di un ruolo ufficiale

nella vigilanza, il loro ruolo può essere prezioso in termini di collaborazione con le autorità ad essa deputate,

segnalando precocemente eventuali criticità sull’esercizio delle attività ludiche e di socializzazione dei cani

ricoverati nei canili.


14. FINANZIAMENTI, FLUSSO DATI E RENDICONTAZIONE

14.1. Rendicontazione dei Comuni

Annualmente la Regione trasferisce ai Comuni i contributi per la lotta al randagismo. I fondi disponibili

possono essere destinati alle spese routinarie connesse alla lotta al randagismo (mantenimento dei cani,

cure, adozioni, trasporto, ecc.) ed alla costruzione o al risanamento di canili.

Ai fini di ottenere il finanziamento i Comuni devono presentare entro il 30 marzo di ogni anno apposita

domanda (indirizzata al Servizio Prevenzione dell’assessorato Regionale all’Igiene e Sanità – Via Roma

231 – Cagliari – fax 070-6066817).

Alla domanda devono essere allegati i seguenti dati:

1. Indicazione del responsabile di procedimento, completa di recapiti telefonici, fax, email

2. Indicazione della struttura o delle strutture di ricovero dei cani

3. Copia delle convenzioni in vigore per il ricovero dei cani

4. Dati anagrafici (All. n. 5, tab. 1);

5. Rendiconto sintetico delle spese sostenute

6. Breve relazione sintetica illustrante l’attività di vigilanza svolta (All. n. 5, tab. 2).

Parte dei dati possono essere elaborati dalla BDR; i dati registrati in BDR sono considerati ufficiali e fanno

fede per la ripartizione dei fondi regionali. I Comuni devono costantemente aggiornare il servizio veterinario

della ASL su qualsiasi variazione anagrafica riguardante i cani di loro competenza.

La rendicontazione é riferita all’anno solare precedente e deve essere trasmessa contestualmente alla

domanda di finanziamento.

14.2. Rendicontazione delle ASL

L’attribuzione alle ASL dei finanziamenti regionali per la lotta al randagismo tiene conto dell’efficacia e

dell’efficienza delle attività poste in essere, come risultante dalla rendicontazione annuale e sulla base

delle priorità annualmente assegnate dalla Regione.

Entro il 31 marzo di ogni anno i Servizi Veterinari delle ASL devono trasmettere alla Regione una relazione

tecnica illustrante le attività svolte ed i risultati ottenuti nella lotta al randagismo; la relazione deve

contenere, oltre alle tabelle sintetiche dell’All. 7, la rendicontazione amministrativa delle spese sostenute.

14.3. Incentivazioni

Con Deliberazione di Giunta n. 48/15 del 29.11.2007, la Regione ha stabilito che i fondi per la lotta al

randagismo devono essere suddivisi anche sulla base di criteri di premialità conseguenti all’impegno

dimostrato nella vigilanza sull’anagrafe canina, nelle campagne di adozione e nella necessaria

collaborazione per le sterilizzazioni.

A tale scopo, la Regione può destinare una quota, fino al 10% del totale del fondo ordinario annuale per la

lotta al randagismo, alle attività di cui sopra. La quota dei finanziamenti incentivanti, ripartita tra le varie

attività previste dalla Deliberazione 48/15 del 2007, é stabilita annualmente mediante Deliberazione della

Giunta Regionale.

15. CUSTODIA E PROTEZIONE DEGLI ANIMALI

15.1. Doveri nei confronti degli animali

La legge 21 specifica (Art. 16) che chi detiene animali deve assicurare loro un trattamento “adeguato alla

specie”. Il trattamento comprende sia il soddisfacimento dei bisogni alimentari e di riparo dalle intemperie,

che le condizioni igieniche e la libertà di movimento.

La catena, “ove necessaria”, deve essere lunga almeno cinque metri. A prescindere dai livelli minimi fissati,

il concetto di trattamento adeguato prevede che devono essere rispettati i bisogni fisici ed etologici

connessi alla specie e alla razza di ogni animale. Per necessità di sintesi, si riassumono di seguito i

principali doveri nei confronti degli animali da compagnia:

o alimentazione adeguata;

o riparo dalle intemperie, proporzionato alla tipologia dell’animale e all’ambiente in cui vive;

o possibilità di movimento in libertà e di socializzazione con altri animali;

o condizioni igieniche adeguate;

o protezione dai parassiti esterni (zecche, mosche ecc.);

o cure mediche in caso di malattia;

o contatto umano col proprietario e/o col nucleo familiare.

Oltre alla possibilità di sanzionare per via amministrativa il mancato rispetto di questi requisiti, le violazioni

gravi configurabili come maltrattamento animale sono soggette a denunce di tipo penale (O.M. 03/03/2009,

L. 189/2004).

 


15.2. Canili privati

Il Regolamento di Polizia Veterinaria (art. 24) prevede la necessità di autorizzazione sanitaria anche per i

canili privati. La norma non specifica i criteri in base ai quali una concentrazione di cani può essere

considerata un canile, per cui è opportuno che i Comuni disciplinino questi argomenti nell'ambito dei propri

regolamenti. Nella stesura e nell’aggiornamento dei regolamenti comunali possono essere tenute presenti

le seguenti indicazioni tecniche:

Numerosità: fino ad un massimo di cinque cani adulti, si ritiene che la detenzione possa essere

considerata a titolo personale, e non soggetta ad autorizzazioni sanitarie.

La detenzione nello stesso luogo di un numero di cani adulti superiore a cinque e inferiore a trenta

dovrebbe essere comunicata alla ASL competente ed al Comune, specificando la localizzazione del sito di

detenzione dei cani, le modalità di detenzione e gli accorgimenti sanitari (disinfezioni ecc.) adottati. In tal

modo le autorità sanitarie hanno la possibilità di condurre sopralluoghi ispettivi, impartire eventuali

prescrizioni, ecc..

Oltre il numero di trenta cani adulti detenuti nello stesso luogo, si ritiene che la struttura debba a tutti gli

effetti essere considerata un canile, e come tale soggetta ad autorizzazione sanitaria. L’autorizzazione

deve essere richiesta al Comune competente, che la concede previo nullaosta del Servizio di Igiene degli

Allevamenti della ASL.

Benessere animale: si applicano le prescrizioni minime previste per i canili pubblici nel DPGR 1/99.

Biosicurezza: i canili contenenti oltre venti cani adulti devono conformare le caratteristiche strutturali alle

prescrizioni fornite dalla ASL competente in sede autorizzativa. Le prescrizioni impartite devono tenere

conto della dimensione (capacità massima) e delle caratteristiche gestionali del canile.

15.3. Doveri nei confronti degli altri cittadini

L’Art. 16 della L. 21 integra le norme generali dell’ordinamento e chiarisce che il detentore di animali deve

garantire loro condizioni tali da “non recare nocumento all’igiene ed alla quiete delle persone”.

Il detentore di animali domestici é tenuto a garantire il rispetto dell’igiene degli ambienti, in particolare gli

ambienti pubblici o condominiali, ed a tutelare la quiete delle altre persone, evitando che i propri animali

siano fonte di rumori molesti.

Sono comportamenti scorretti e sanzionabili l’imbrattamento di spazi pubblici o comuni con residui di cibo,

contenitori plastici abbandonati ecc., così come consentire latrati insistenti o altri rumori molesti nei contesti

urbani. Deve essere cura del proprietario in questi casi trovare soluzioni al problema, evitando di

abbandonare a lungo gli animali in ambienti chiusi e privi di stimoli (tali da indurre comportamenti anomali o

ripetitivi per effetto di fenomeni di stress o ansia da separazione), e ricorrendo dove necessario a cure

comportamentali.

Anche in questo caso, violazioni particolarmente gravi possono essere configurate come reati penali

(ancora maltrattamento, v. sopra; Art. 659 del codice penale: disturbo della quiete pubblica ecc.).

15.4. Sopravvenuta impossibilità

Nella realtà quotidiana può accadere che il proprietario di un cane si trovi in una situazione di impedimento

alla corretta detenzione dello stesso. In casi di “sopravvenuta e comprovata impossibilità di mantenimento”

(Art. 12, comma 2) la L.R. n. 21/94 prevede la possibilità di chiedere al Comune, previo nullaosta della ASL

competente, il ricovero in una struttura comunale o convenzionata.

Il ricovero può avere carattere temporaneo (per impedimenti reversibili) o definitivo (impossibilità

irreversibile); in quest’ultimo caso la cessione al Comune determina l’inserimento del cane nei programmi

di adozione.

Il costo del mantenimento del cane in canile a seguito alla cessione al Comune é a carico del proprietario

per tutta la durata della detenzione, fatti salvi i casi di dimostrata incapienza del proprietario cedente, nei

quali il Comune può autorizzare la detenzione in canile a proprie spese fino alla eventuale nuova adozione.

 


16. VIGILANZA

16.1. Comuni

Il combinato disposto delle normative vigenti (L.R. 21 del 18.05.94, L. 189 del 20.07.2004, D.M. Interni

23.03.2007) assegna ai Comuni la vigilanza ordinaria sul territorio sul rispetto della normativa inerente al

randagismo. La Polizia Municipale, coadiuvata dove esistenti dalle guardie zoofile, ha il compito primario di

vigilare assiduamente sulle norme di più immediato riscontro, quali l’identificazione e la registrazione

anagrafica, il rispetto dell’igiene e del decoro urbano, il rispetto della quiete pubblica.

I Comuni devono dotare a questo scopo la Polizia Municipale di lettori per microchip ISO compatibili (O.M.

06.08.2008, Art. 4) in numero adeguato.

Le attività di vigilanza della Polizia Municipale in riferimento alla lotta al randagismo devono essere

registrate ai fini della rendicontazione annuale (All. 5).

16.2. ASL

Le funzioni di vigilanza del Servizio Veterinario della ASL nell’ambito della lotta al randagismo e della

protezione degli animali discendono sia dalle norme generali, che attribuiscono ai servizi veterinari la

competenza esclusiva nelle materie di sanità pubblica veterinaria e di benessere animale, che dalle norme

specifiche, in particolare la LR 21/94.

Gli obiettivi principali della vigilanza diretta (mediante ispezioni e sopralluoghi) della ASL sono:

o canili;

o strutture veterinarie ed imprese (ambulatori, laboratori, esercizi di vendita, toeletta, trasporto animali);

o strutture zootecniche.

La ASL interviene inoltre a supporto di altri Enti (Comuni, Corpo Forestale, Forze dell’Ordine), tutte le volte

in cui sia richiesta una competenza medico veterinaria specifica nell’ambito delle attività di vigilanza da

essi svolte.

Anche l’attività di vigilanza delle ASL deve essere opportunamente registrata e rendicontata (All. 6).

16.3. CFVA

Il Corpo Forestale ha competenza primaria sulla vigilanza per i reati di maltrattamento animale, ai sensi

dell’‘Art. 6 comma 1 della L. 189/2004 e del D.M. 23.03.2007.

Istituito con la Legge Regionale 5/11/1985, n° 26, il Corpo Forestale e di Vigilanza Ambientale (CFVA) è un

Corpo tecnico con funzioni di polizia deputato alla tutela dell’ambiente naturale; tra le altre funzioni, il CFVA

ha compiti di*:

o tutela tecnica ed economica dei beni silvo-pastorali;

o tutela dei parchi, riserve, biotopi ed altre aree di particolare interesse naturalistico

o ogni altra funzione attribuita con legge o regolamento.

Al Corpo sono inoltre attribuiti compiti di vigilanza, prevenzione e repressione nelle seguenti materie:

o caccia;

o polizia forestale.

Il Corpo Forestale ha un campo d’azione elettivo nella vigilanza in ambiente extra-urbano (contesti rurali o

naturali, aree protette per la fauna), e nella vigilanza sull’anagrafe canina durante l’attività venatoria.

16.4. Guardie Zoofile

Il ruolo delle Guardie Zoofile (G.Z.) nell’ambito del randagismo e della protezione degli animali discende

essenzialmente da due norme, la Legge 189/2004, e la L.R. 21/94.

Le G.Z. operano ordinariamente su indicazione e richiesta del servizio veterinario della ASL

territorialmente competente, e svolgono attività di vigilanza sulle disposizioni contenute nella Legge

Regionale n. 21/94.

Quando operano su richiesta dell’Autorità Giudiziaria, le G.Z. svolgono opera di prevenzione e

repressione contro il maltrattamento degli animali nella veste di Ufficiali di Polizia Giudiziaria (e quindi

solo nell’ambito delle disposizioni di cui alla L.R. 21/94 e alla L. 189/2004).

Le G.Z. relazionano sempre sull’attività di vigilanza svolta all’Ente (ASL, Autorità Giudiziaria) per

disposizione del quale hanno operato.

Possono esistere accordi tra la ASL e i Comuni per delegare ai Comuni stessi il coordinamento delle

attività delle G.Z., che vigilano principalmente su:

o rispetto della normativa sull’anagrafe canina;

*si citano solo i passaggi attinenti della normativa

 

o rispetto delle ordinanze sindacali collegate (igiene e decoro urbano ecc.);

o rispetto del benessere animale (v. cap. 15).

Normalmente, nell’ambito e nei limiti dei compiti loro assegnati dagli Enti aventi competenza primaria sulla

vigilanza, le guardie zoofile possono svolgere autonomamente questi compiti, ottenendo invece il supporto

della Polizia Municipale o delle forze dell’ordine laddove gli interventi effettuati possano comportare la

previsione di tensioni sociali particolari.

Possono inoltre essere proficuamente investite di un ruolo di vigilanza sugli argomenti di cui sopra nei

parchi pubblici e nelle aziende zootecniche.

La qualifica di Guardia Zoofila é compatibile ma non deve essere confusa con altre attribuzioni di natura

ambientale o generica.

 


16.5 Violazioni più comuni

Per semplificare il lavoro degli operatori, vengono citate di seguito le violazioni più comunemente

riscontrabili, con il riferimento degli articoli di legge violati e le corrispondenti sanzioni.

17. COMMISSIONE TECNICA E GRUPPO DI ESPERTI

La lotta al randagismo presuppone un continuo sforzo di aggiornamento delle azioni programmate rispetto

alle conoscenze scientifiche e all’evoluzione della società. Al fine di fornire un supporto tecnico-scientifico

all’Assessorato alla Sanità nell’adempimento delle azioni di propria competenza, il Servizio Prevenzione

regionale si avvale di una commissione tecnica.

La commissione tecnica, coordinata dal competente Servizio Prevenzione regionale, è composta a

seconda delle esigenze e degli argomenti trattati da veterinari del Servizio Prevenzione regionale, delle

Aziende Sanitarie Locali, delle strutture private per la cura degli animali da compagnia, da responsabili dei

Comuni per la lotta al randagismo, da responsabili dei canili e delle associazioni di volontariato.

La commissione tecnica, se necessario integrata da ulteriori figure professionali a seconda delle esigenze

specifiche, supporta il Servizio Prevenzione nella predisposizione di atti d’indirizzo specifici.