15.2. Canili privati
Il Regolamento di Polizia Veterinaria (art. 24) prevede la necessità di autorizzazione sanitaria anche per i
canili privati. La norma non specifica i criteri in base ai quali una concentrazione di cani può essere
considerata un canile, per cui è opportuno che i Comuni disciplinino questi argomenti nell'ambito dei propri
regolamenti. Nella stesura e nell’aggiornamento dei regolamenti comunali possono essere tenute presenti
le seguenti indicazioni tecniche:
Numerosità: fino ad un massimo di cinque cani adulti, si ritiene che la detenzione possa essere
considerata a titolo personale, e non soggetta ad autorizzazioni sanitarie.
La detenzione nello stesso luogo di un numero di cani adulti superiore a cinque e inferiore a trenta
dovrebbe essere comunicata alla ASL competente ed al Comune, specificando la localizzazione del sito di
detenzione dei cani, le modalità di detenzione e gli accorgimenti sanitari (disinfezioni ecc.) adottati. In tal
modo le autorità sanitarie hanno la possibilità di condurre sopralluoghi ispettivi, impartire eventuali
prescrizioni, ecc..
Oltre il numero di trenta cani adulti detenuti nello stesso luogo, si ritiene che la struttura debba a tutti gli
effetti essere considerata un canile, e come tale soggetta ad autorizzazione sanitaria. L’autorizzazione
deve essere richiesta al Comune competente, che la concede previo nullaosta del Servizio di Igiene degli
Allevamenti della ASL.
Benessere animale: si applicano le prescrizioni minime previste per i canili pubblici nel DPGR 1/99.
Biosicurezza: i canili contenenti oltre venti cani adulti devono conformare le caratteristiche strutturali alle
prescrizioni fornite dalla ASL competente in sede autorizzativa. Le prescrizioni impartite devono tenere
conto della dimensione (capacità massima) e delle caratteristiche gestionali del canile.
15.3. Doveri nei confronti degli altri cittadini
L’Art. 16 della L. 21 integra le norme generali dell’ordinamento e chiarisce che il detentore di animali deve
garantire loro condizioni tali da “non recare nocumento all’igiene ed alla quiete delle persone”.
Il detentore di animali domestici é tenuto a garantire il rispetto dell’igiene degli ambienti, in particolare gli
ambienti pubblici o condominiali, ed a tutelare la quiete delle altre persone, evitando che i propri animali
siano fonte di rumori molesti.
Sono comportamenti scorretti e sanzionabili l’imbrattamento di spazi pubblici o comuni con residui di cibo,
contenitori plastici abbandonati ecc., così come consentire latrati insistenti o altri rumori molesti nei contesti
urbani. Deve essere cura del proprietario in questi casi trovare soluzioni al problema, evitando di
abbandonare a lungo gli animali in ambienti chiusi e privi di stimoli (tali da indurre comportamenti anomali o
ripetitivi per effetto di fenomeni di stress o ansia da separazione), e ricorrendo dove necessario a cure
comportamentali.
Anche in questo caso, violazioni particolarmente gravi possono essere configurate come reati penali
(ancora maltrattamento, v. sopra; Art. 659 del codice penale: disturbo della quiete pubblica ecc.).
15.4. Sopravvenuta impossibilità
Nella realtà quotidiana può accadere che il proprietario di un cane si trovi in una situazione di impedimento
alla corretta detenzione dello stesso. In casi di “sopravvenuta e comprovata impossibilità di mantenimento”
(Art. 12, comma 2) la L.R. n. 21/94 prevede la possibilità di chiedere al Comune, previo nullaosta della ASL
competente, il ricovero in una struttura comunale o convenzionata.
Il ricovero può avere carattere temporaneo (per impedimenti reversibili) o definitivo (impossibilità
irreversibile); in quest’ultimo caso la cessione al Comune determina l’inserimento del cane nei programmi
di adozione.
Il costo del mantenimento del cane in canile a seguito alla cessione al Comune é a carico del proprietario
per tutta la durata della detenzione, fatti salvi i casi di dimostrata incapienza del proprietario cedente, nei
quali il Comune può autorizzare la detenzione in canile a proprie spese fino alla eventuale nuova adozione.