10. EUTANASIA

Un aspetto innovativo molto delicato introdotto dalla L. 281/91 e dalla LR 21/94 è stato il limite imposto per

l’eutanasia dei cani randagi; l’Art. 9, ai commi 7 e 8, specifica i casi in cui é ammessa l’eutanasia.

E’ chiaro il principio ribadito, e cioè che l’eutanasia non é accettata quale metodo di controllo della

popolazione canina. Il significato dell’eutanasia é quindi quello di un atto medico, utilizzato come estrema

risorsa in assenza di altre soluzioni a gravi problemi medici o di sicurezza.

10.1. Potere decisionale

Come più volte specificato, il Sindaco o il suo delegato (D.L. 267/2000 Art. 50, comma 5., L. 833/78 art. 13,

DPR 31.03.1979, L.R. 15/85 art. 12) é l’autorità competente sulle decisioni attinenti la sanità pubblica, la

sicurezza dei cittadini e la protezione dei cani e dei gatti randagi.

Il processo decisionale riguardante l’eutanasia di un cane randagio prevede i seguenti momenti:

o Diagnosi, prognosi e parere medico veterinario: nei canili sanitari interviene il veterinario dipendente

della ASL o il direttore sanitario della struttura convenzionata per il pronto soccorso; nei canili rifugio il

veterinario responsabile sanitario del canile (v. cap 5.4.2.).

o Decisione del Sindaco o del suo delegato (v. anche cap. 3 e 5, All. 12) all’interno delle ipotesi

prospettate dal parere medico veterinario, e tenuto conto della possibilità materiale di garantire cure

appropriate.

o Eventuale esecuzione dell’eutanasia da parte del medico veterinario.

In condizioni di urgenza, per esempio incidenti stradali con difficoltà a raggiungere in tempo utile i referenti

istituzionali, il medico veterinario deve assumere le decisioni dettate dai propri doveri deontologici.

10.2. Motivazioni possibili: pericolosità e malattia

Le fattispecie possibili per l’eutanasia sono due: la malattia e la pericolosità. Si forniscono in questa sede

alcuni elementi di valutazione per affrontare le situazioni possibili (fermo restando che non è possibile

eliminare completamente la discrezionalità di cui in scienza e coscienza dispone il medico veterinario).

10.3. Pericolosità: la pericolosità di un cane può essere connessa a motivi biologici, quali la

contaminazione da malattie infettive o contagiose (v. oltre), o l’aggressività. Per quanto riguarda la

pericolosità da aggressività, può essere considerato aggressivo, o meglio caratterizzato da aggressività

non controllata, un cane che, non provocato, lede o minaccia di ledere l'integrità fisica di una persona o di

altri animali *.

La scelta di mantenere in vita o meno un cane aggressivo dipende dalla possibilità di poterlo affidare in

adozione in tutta sicurezza (assolutamente necessario in questi casi il parere veterinario) o, in alternativa,

di consentirne la normale gestione giornaliera in canile (alimentazione, pulizia, attività ricreativa ecc.)

senza rischi per il personale addetto e senza la necessità di contenzioni o costrizioni del cane incompatibili

col benessere animale.

In casi particolari, laddove l’organizzazione del canile lo consenta (convenzioni con Università ecc.), è

possibile un tentativo di recupero terapeutico (terapia comportamentale).

10.4. Malattia: in caso di malattia, normalmente l’approccio medico veterinario prevede di proporre

l’eutanasia quando si verifichi la concomitante presenza di due condizioni:

o incurabilità dell’animale;

o stato di sofferenza ineliminabile.

Il verificarsi di una sola delle due condizioni non é sufficiente a giustificare il ricorso all’eutanasia:

un’animale incurabile che non soffre può teoricamente continuare a vivere, così come un’animale

sofferente, ma che ha ragionevoli probabilità di guarire se opportunamente curato.

Ulteriori considerazioni

A concetti teoricamente semplici, nella realtà delle cose va confrontata un’infinità di condizioni e di casi particolari, quali

per esempio:

- patologie gravi, con probabilità di guarigione scarse ma esistenti, necessità di cure molto impegnative dal punto di

vista economico o dell’assistenza infermieristica;

- patologie incurabili (per es. paralisi irreversibile degli arti posteriori), ma non mortali e in alcuni casi gestibili, laddove il

proprietario sia in grado di garantire cure infermieristiche relativamente assidue ed esperte.

Normalmente (in caso di animali privati) il veterinario, insieme alla diagnosi e alla prognosi, illustra al proprietario le

alternative decisionali possibili, tenendo conto non solo della malattia in se stessa, ma anche del binomio uomoanimale

che la dovrà affrontare.

Tutto ciò é più complicato nel caso dei cani randagi, che vivono in un ambiente (il canile) di per sé difficile e stressante

anche per un cane sano, e possono ricevere un’assistenza umana che nel migliore dei casi é discontinua e irregolare,

spesso limitata alla sola alimentazione. Inoltre il Comune, che gestisce una popolazione di cani all’interno di un canile,

*non rientrano in questa definizione le normali manifestazioni di aggressività o di dominanza tra cani

 

é tenuto a fare valutazioni collettive nella destinazione delle risorse, avendo come obiettivo il miglior stato di salute

possibile dell’intero canile.

Il parere veterinario e la decisione del responsabile del Comune dovranno quindi tener conto di tutti i fattori sopra

accennati, tenendo conto dell’eventuale possibilità di collaborazione da parte di cittadini, veterinari privati e

associazioni di volontariato; ogni caso può quindi essere personalizzato, sempre e comunque nel rispetto delle

responsabilità istituzionali sopra specificate.

Per quanto riguarda le malattie infettive, in alcuni casi (ad es. la Rabbia) non esiste alcuna discrezionalità e le

decisioni da prendere sono già codificate dalla normativa in vigore; tuttavia esistono anche in questo caso situazioni

intermedie (per es. la Leishmaniosi) nelle quali la decisione di procedere o no all’eutanasia é condizionata da una serie

di parametri clinici accessori e dalla ragionevole possibilità che il responsabile del canile sia in grado di garantire

nella sua completezza (direttamente o mediante il supporto di volontari) l’esecuzione delle cure e delle misure di

prevenzione prescritte dal medico veterinario.

In tutti i casi di malattia grave, una decisione per la terapia o l’eutanasia deve essere comunque presa; non é

eticamente accettabile eludere il problema, abbandonando a se stesso, magari per mesi o anni e fino alla sua morte

per malattia, un animale con gravi patologie in atto.